Regia di Bent Hamer vedi scheda film
Il mondo di Horten è una comica senza ilarità, che della goffaggine nel rapporto con la vita coglie solo l’amarezza. Il protagonista, un ferroviere che è appena andato in pensione, da conducente del treno si ritrova improvvisamente passeggero di un’esistenza che non gli appartiene, e in cui vede solo transitare gli altri, in tanti modi che, dalla prospettiva della sua solitaria normalità, risultano alquanto misteriosi. Davanti ai suoi occhi sfilano quelle che sembrano tante diverse forme di alienazione, determinate dall’innamoramento, dallo stress oppure dalla pura e semplice follia: da tutto ciò Horten si sente incuriosito, però, fino all’ultimo momento, in niente riesce a riconoscere l’immagine dei propri sogni e delle proprie nostalgie. L’apparente impassibilità con cui assiste allo spettacolo è l’espressione di una serena estraneità, di una beata incomprensione, di una sorta di affabile stupore, paragonabile al classico atteggiamento del turista beneducato di fronte alle bizzarre manifestazioni di una cultura esotica. La regia ci accompagna con lo stesso placido distacco attraverso questa grottesca galleria di incongruenze, i cui veri personaggi siamo noi: noi che, nell’affannoso tentativo di essere “adeguati”, finiamo per renderci ridicoli e patetici, ognuno abbracciato, anima e corpo, alla sua tragica forma di stranezza.
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