Regia di Romano Scavolini vedi scheda film
Il giovane figlio del console della Repubblica Dominicana torna a Trieste dal padre; la città è in sommossa per una serie di scioperi nei cantieri navali, ma al ragazzo pare interessare solamente una matura, ma piacente amica della madre.
Se è vero che L’amore breve (una fiammata di passione fugace, quasi infantile) è un titolo poco significativo, questa pellicola è d’altronde stata distribuita anche come Lo stato d’assedio, che sposta erroneamente l’attenzione sulla questione sociopolitica che fa a tutti gli effetti semplicemente da sfondo alla narrazione. Il giovane Lorenzo rappresenta una borghesia decadente nei costumi e nella morale, il nuovo che avanza per seppellire il passato e probabilmente anche sé stesso, con i suoi atteggiamenti menefreghisti ed egomaniacali; la sceneggiatura di Gianfranco Calligarich non trova maniera migliore per spiegare tutto ciò se non tramite l’ennesima metafora sessuale – il che non sarebbe neppure male, visto che tra le altre cose ci regala anche un nudo integrale di Joan Collins, ma in sostanza l’idea risulta un po’ troppo facilotta e soprattutto ormai abusata. Il Sessantotto è appena trascorso e un regista intellettuale come Romano Scavolini – 28enne e già al suo terzo lungometraggio – non poteva esimersi dal licenziare un’opera di tale stampo; peccato però che ricordi molto da vicino il Grazie zia (1968) pubblicato pochi mesi prima dall’esordiente Salvatore Samperi. La confezione è qui, a ogni modo, ben curata (fotografia di Mario Carbone, montaggio di Romeo Ciatti, musiche incisive di Robby Poitevin) e nel cast troviamo, oltre alla già citata Collins, Mathieu Carriere, Massimo Serato, Frank Wolff, Faith Domergue, Antonio Centa e Antonio Cantafora. 3,5/10.
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