Regia di Steven Soderbergh vedi scheda film
Qualcuno ha "osato" osservare i meccanismi distributivi che accompagnano l'uscita di questo film raffrontandoli a quelli di "Nemico Pubblico n.1", film col quale "Che" condivide l'arrivo nelle sale in due episodi separati. Intanto va detto che Soderbergh è andato molto meglio di Richet. Ma vediamo cosa è accaduto. Il primo dei due film sulle gesta del bandito Mesrine era giunto nelle sale in un buon numero di copie, ma la risposta del pubblico è stata debolissima e così la punizione è stata esemplare: il secondo film è uscito quasi clandestinamente. Essendo una pellicola di qualche oggettivo pregio (per me uno dei film dell'anno) trovo assolutamente ingiusto punire così duramente il secondo film, trovo che ciò sia qualcosa che va oltre le leggi del mercato, questo è bastonare sonoramente e farsi beffe del cinema di qualità. E il "Che" di Soderbergh? Il primo era uscito preceduto da un trailer martellante come quello di certi blockbusters. Il consenso raccolto, a quanto ne so, è stato significativo ma non entusiasmante: in effetti ho visto il titolo del film stazionare per un paio di settimane nella classifica del botteghino, ma sempre nella zona più bassa. Dunque, anche in questo caso, il secondo episodio ha subito una penalizzazione ed è uscito in un numero minore di sale. Se da una parte è lodevole l'iniziativa di proiettarlo in un ristretto numero di sale d'essai in versione originale, va però segnalato come discriminante e poco rispettoso il "modo" in cui il film è stato "ospitato" nelle multisale (proiezioni spesso private dello spettacolo pomeridiano, e proiezioni serali mai dopo quella delle 22,30). Chiedo umilmente scusa per questa lunga tirata, ma volevo far capire quanto io trovi ingiusto programmare nelle multisale certi film come avessero la rogna, quasi venissero programmati "per far loro un favore"....Come per il primo episodio anche questo (e probabilmente in misura maggiore) presenta sufficienti elementi per gridare al capolavoro, con buona pace di quella gran parte della critica che ha da sempre in antipatia Soderbergh. Come dicevo recensendo "L'argentino", molti critici nutrono una sorta di pregiudizio nei confronti di Soderbergh, forse influenzati da quella sua facciotta da nerd americano saputello che certo non lo aiuta a risultare simpatico ai più. Eppure Soderbergh ha dimostrato coi fatti di essere così versatile da poter maneggiare con scioltezza commedie brillanti, film sperimentali, e pellicole "monumentali" come questa. Ma veniamo a questo "Guerriglia", che è pregevolissimo, molto personale, svincolato da molti stereotipi del biopic, decisamente autoriale, importante, di grosso peso specifico artistico e culturale. Mi ero predisposto ad un'amaro sfogo, ma preferisco soprassedere, limitando il mio sdegno al semplice disappunto circa l'esclusione di un film di tale portata dalle candidature agli Oscar, e trovo meschino e scandaloso che, in piena "era-Obama", tra qualche signore dell'Academy alligni ancora lo spettro dell'anticomunismo... E la Hollywood liberal delle star miliardarie che fanno le marce per i diritti civili appena usciti da una clinica per disintossicarsi, dov'era? stava dormendo? Lasciamo perdere. Nel rendere omaggio alla coraggiosa scelta della BIM di distribuire (anche nelle multisale) in tutta Italia una pellicola non certo facile, devo purtroppo riscontrare (almeno nel mio piccolo) che anche per questa seconda parte non è che in giro si stia segnalando un grande interesse da parte del pubblico. E lo dico, badate, senza cifre alla mano, basandomi (per quel poco che può valere) sulla mia esperienza personale. Pur avendolo visto di sabato sera, la sala era pressochè deserta, però almeno quei quattro gatti erano in religioso silenzio, diversamente dalla proiezione della prima parte che fu disastrosa, con gente che mugugnava ed altra che commentava infastidita, se non qualcuno che addirittura abbandonava la sala. Vedete, io su questo punto voglio essere molto chiaro e sincero. Questa NON è una pellicola godibile, questo NON è uno spettacolo di cui godere. Anzi, essendo opera quasi documentaristica, e dunque dai tempi estremamente dilatati, richiede una predisposizione dello spettatore ad accedervi con rispetto ed umiltà. Se l'italiota medio si reca ignaro al cinema cercando azione e/o divertimento in questo film, meglio che lasci perdere perchè rischierebbe d'imbufalirsi. E qui bisognerebbe aprire una triste parentesi (oggi va così, sono in vena di malumori, mi vorrete perdonare) sulla colpevole ignoranza di gran parte del pubblico da multisala: quante volte asssistiamo alla scena di gruppi di persone che si danno appuntamento davanti al multisala senza sapere assolutamente nulla della programmazione e decidendo sul momento sulla base delle immagini che compaiono sul flyer??! Non pretendo che siano tutti cinefili, ci mancherebbe, ma almeno che non siano dei pirla, questo sì!! Questa seconda parte è decisamente meno convenzionale dell'altra. E' la sofferta, tesa, dolorosa, rappresentazione dei 300 giorni del Che nel disperato tentativo di costruire una consapevolezza nei contadini boliviani che fosse il presupposto di una rivoluzione per la Libertà. Ma il Che rimase solo come un cane, con i boliviani che non avevano la cultura e lo spirito adatti per affrancarsi dalla propria schiavitù, e soprattutto con l'esercito boliviano accanito come un branco di mastini, col supporto pieno ed energico degli americani, che avevano inviato in loco perfino addestratori provenienti dalle truppe speciali del Vietnam. Dunque, chiaramente, una battaglia persa in partenza. Nel film ci sono momenti toccanti, in cui il viso del Che appare come trasfigurato dal dolore (lo affliggeva una terribile asma) e dalla sofferenza. E qui mi levo il cappello di fronte all'interpretazione di Benicio Del Toro, per commentare la quale non ci sono parole. Vediamo Guevara alla fine in mano nemica, andare incontro alla morte certa senza perdere un solo grammo di dignità, neanche quando un repellente ufficialetto boliviano, poco prima dell'esecuzione, lo schernisce umiliandolo con frasi ignobili. Con un epilogo breve e semplice, Soderbergh ha scelto di evitare la rappresentazione di una morte gloriosa all'insegna del Martirio e della Passione che consegnasse Guevara all'Olimpo dei Miti. Non un Santo Martire dunque, ma un uomo che si è fatto simbolo laico della Coerenza Assoluta. Se posso esprimere una delusione, per quanto forse un pò sciocca, è quella di non avere ritrovato nella seconda parte la dolcissima Catalina Sandino Moreno che, per la verità, anche nella prima aveva un ruolo piuttosto ridotto. Premettendo che le mie conoscenze storiche riguardo al fallimento del progetto del Che sono molto scarse, dopo la visione del film mi sono posto una riflessione. Come mai quei contadini boliviani, pur vessati da una dittatura militare, non colsero l'occasione di un riscatto? Io -ripeto- non conosco la storia, ma mi sono dato una risposta basata su una pura intuizione, e dunque discutibilissima. Cioè io penso che il Sudamerica, nel tempo, si è abituato alla convivenza con due gran brutti elementi: la miseria e l'ignoranza. E finchè queste vaste sacche si perpetueranno, il popolo sudamericano non apprezzerà MAI il magico suono della parola LIBERTA'. Sembra apprezzare invece il suono di altre parole, tipo "Populismo" o "Dittatura". Sapete cosa risponde il Che nelle ultime sequenze del film a un odioso ufficiale boliviano che gli rinfaccia il suo fallimento? Guevara gli replica che si augura che la guerriglia abbia almeno contribuito a SVEGLIARE quei disgraziati contadini. Possibile che il popolo sudamericano abbia ancora bisogno di questo? Di qualcuno che lo SVEGLI?
Voto: 10
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