Regia di Charlie Kaufman vedi scheda film
La morte del grande P.Seymour Hoffman ha contribuito a recuperare una sua bellissima interpretazione risalente al 2008. Non lo è altrettanto il film: noioso, contorto, prolisso...
Quattro funerali e una trombata e mezzo potrebbe essere il sottotitolo di SYNECDOCHE, NEW YORK, se non il vero titolo. Prolisso, lento, farraginoso, confuso, contorto, velleitario, tra salti temporali a dir poco azzardati. Dai toni scuri e giallognoli, come la pipì del protagonista.
Un regista teatrale, colto da ipocondria e in crisi familiare e personale, impiega anni per mettere in scena una sontuosa rappresentazione teatrale (della sua vita). Dopo aver vinto un prestigioso premio per un dramma si dedica all’elefantiaca opera. Nel corso del tempo assistiamo ad una serie di fallimenti, abbandoni, funerali, tentativi di scopata e un cupio dissolvi che butterebbe giù anche il più ottimista del pianeta. La sineddoche è una figura retorica “a cui si associano due realtà differenti ma dipendenti o contigue logicamente o fisicamente”. Ecco che nella pellicola di Charlie Kaufman vediamo degli attori interpretare i protagonisti Caden, Hazel, Claire etc. fino alla nausea. E’ scontato dire che sul tema meglio hanno fatto i vari Fellini, Bergman e Woody Allen. Realtà e finzione si (con)fondono e si annullano.
Cosa salvare? La prima parte musicale; Philippe Seymour Hoffman intenso e dolente; Samantha Morton e le tette di Emily Watson. Amen
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