Regia di Ari Folman vedi scheda film
La versione dei fatti presentata in questo film può risultare fastidiosa, e forse discutibile, ma la prospettiva psicologica e individuale esclude, a priori, la possibilità di una valutazione storiografica. è
pur vero che nel film predomina una descrizione della guerra come un gioco con le armi, che gli esecutori materiali della strage nei campi di Sabra e Chatila vengono esplicitamente qualificati come "cristiani" e che l'orrore dello sterminio dei palestinesi viene avvertito solo perché sovrapponibile al ricordo dell'Olocausto: ma perché attribuire una valenza politica a qualsiasi espressione proveniente dall'una o dall'altra parte del conflitto arabo-israeliano? Ogni voce che si alzi da un campo di battaglia è intrisa di paura e di umana debolezza; la visione è inevitabilmente parziale, per chi impugna il fucile dietro la linea del fronte. Il soldato resta a lungo (e, talvolta, per tutta la vita) un reduce: questo film raffigura, con raffinata sensibilità, quella trincea mentale che, nel pensiero di chi ha - o ha avuto - un nemico da combattere, nasconde per sempre, allo sguardo della ragione, una larga fetta di orizzonte.
Non ci sono commenti.
Ultimi commenti Segui questa conversazione
Commenta