Regia di Ari Folman vedi scheda film
Il passato è un cadavere sepolto nel profondo che lentamente torna a galla, inesorabile come la morte e crudele come la verità, impossibile cancellare quello che eravamo, quello che abbiamo visto e quello che (volenti, oppure no) abbiamo fatto.
Ari Folman racconta la guerra in Libano e la strage di Sabra e Shatila e lo fa da testimone oculare, appena diciannovenne era lì quando i falangisti cristiani, appoggiati dal governo israeliano, compirono il massacro nei campi profughi, era un giovane militare che probabilmente non capiva ma che non poteva fare a meno di vedere.
Ricordi poi rimossi o nascosti da qualche parte chissà dove, un meccanismo di difesa necessario per vincere il senso di colpa e per evitare la pazzia, scavare nel passato significa infatti guardare dentro noi stessi, alla ricerca di verità scomode e di paure incofessate.
Valzer con Bashir è un vero e proprio viaggio nella memoria, un’operazione se vogliamo terapeutica per il regista ma non solo per lui, le varie testimonianze che Folman mette insieme, le interviste ai compagni di guerra, che formeranno il corpo narrativo del racconto, hanno tutte un unico punto in comune, la perdita totale o parziale dei ricordi…la cancellazione volontaria della Storia.
L’opera ha la dimensione narrativa di un resoconto giornalistico ma confinarla in tale contesto sarebbe quanto mai riduttivo, diversi sono i piani di lettura tra Storia e psicoanalisi, tra verità e immaginazione, tra sogno e incubo.
L’inconscio la fa da padrone fin dalla prima bellissima sequenza, ventisei cani randagi che escono dal profondo della mente per tormentare i sogni di un ex militare, un frammento del passato che riporta Folman indietro nel tempo e che lo spinge ad intraprendere il suo viaggio di dolorosa accettazione.
Io c’ero ma non ricordo, questo sarà il leitmotiv dei molti soldati intervistati, il massacro nei campi profughi?
Ero lì ma non lo rammento, non l’ho registrato nella mia mente, o se l’ho fatto è ora finito chissà dove, nascosto nel profondo dell’anima, lì dove la luce non arriva e il dolore non si fa sentire.
Per raccontare l’orrore della guerra e la strage nei campi profughi il regista punta sull’animazione, una scelta coraggiosa e a mio avviso assolutamente azzeccata, al di là di qualsiasi giudizio tecnico sulla forma espressiva il film funziona nella sua interezza, c’è ritmo e c’è profondità, c’è la Storia che rivive attraverso i ricordi di personaggi veri e sofferti, il tutto presentato in un crescendo emozionale che non può lasciare indifferenti.
Diverse le scene che ti restano dentro, l’incipit con i cani, la fantasia erotica di Carmi, la sequenza di guerra con il balletto di Frenkel (il Valzer con Bashir), le istantanee dell’ippodromo con i cavalli morenti, il sogno di Ari illuminato dai razzi al fosforo, il crudo finale dove l’animazione lascia spazio alla dura realtà, dove i disegni animati mutano in immagini di repertorio, fotogrammi di spietata e inconcepibile crudeltà.
Quattro anni di lavoro, un impegno notevole per Folman e i suoi collaboratori, basta vedere il lungo making of (70’) presente nel DVD per farsi un’idea delle difficoltà incontrate durante la lavorazione, ma nonostante tutto alla fine l’opera è uscita ed è stata ben accolto dalla critica, un film importante che parla di drammi universali e che lo fa con equilibrio ed incisività, senza mai cadere nella facile retorica.
Una segnalazione particolare se la meritano le musiche di Max Ritcher, composizioni emozionanti che restano dentro a lungo.
Voto: 8
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