Regia di Jean-Pierre Dardenne, Luc Dardenne vedi scheda film
Per denaro e per acquisire la cittadinanza belga, la giovane albanese Lorna (Dobroshi) sposa un tossico (Renier). Nel programma dei suoi "datori di lavoro" l'uomo deve andare anzitempo al Creatore per overdose, in modo che Lorna possa prestarsi a un nuovo matrimonio bianco per far acquistare la cittadinanza belga a un russo. Ma Claudy, il tossico, proprio grazie alla vicinanza di Lorna comincia a uscire dal tunnel della droga, la ragazza gli si affeziona e vorrebbe cambiare i programmi dei suoi aguzzini. Le cose si complicano irrimediabilmente.
Il cinema morale dei Dardenne, premiato a Cannes per la miglior sceneggiatura, guarda al problema dello sfruttamento dell'uomo sulla donna da una prospettiva insolita, solo in apparenza più umana. E lo fa con uno sguardo lucido, senza fronzoli, inteso a mettere a fuoco un dramma umano che nel finale sembra sconfinare in una sorta di delirio allucinatorio derivato da un immane senso di colpa. La macchina da presa si muove in maniera meno concitata rispetto alle opere precedenti (Rosetta su tutte), mentre rimangono il taglio documentaristico e l'indagine sociale, con un cenno al tema dell'aborto che ci si augura non venga impugnato per l'ennesima crociata antiabortista. Sulla messa in scena aleggia un'aria iperrealista, resa possibile dalle prove maiuscole dell'intero cast, con un Jérémie Renier emaciato e ridotto pelle e ossa nella parte del drogato dolorosamente credibile.
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