Regia di Jean-Pierre Dardenne, Luc Dardenne vedi scheda film
Lorna si trova in un brutto giro: matrimoni pro forma per ottenere la cittadinanza, un tossicodipendente in crisi di astinenza, un omicidio mascherato da incidente, un bambino da far sparire con un aborto. Tutto per realizzare il sogno di poter aprire un bar insieme al fidanzato, che a sua volta per guadagnare accetta di fare lavori rischiosi nelle centrali nucleari. La parte migliore del film è quella centrale, che segna la progressiva presa di coscienza da parte di Lorna: l’estraneo che ha accanto, suo marito, che la implora continuamente di aiutarlo e a cui all’inizio rivolge solo brevi frasi sgarbate, comincia a essere per lei non più un problema da risolvere con un’overdose ma un essere umano, con un suo nome (“si chiamava Claudy”, dice Lorna verso la fine al malvivente che ha organizzato tutto, e che lo chiama sempre “il tossico”). La scena in cui lei gli si concede è l’unico atto di gratuità in una vicenda dominata dall’invadenza del denaro e dalla mercificazione delle persone. E quando capisce che anche il fidanzato si trova dentro quel mondo di sfruttamento e sopraffazione, Lorna fa la sua scelta: si inventa un bambino da proteggere, lei che non era riuscita a salvare il padre.
Non ci sono commenti.
Ultimi commenti Segui questa conversazione
Commenta