Regia di Isabel Coixet vedi scheda film
Al là di una considerazione tecnica, il film a mio avviso è buono nei contenuti che esprime. Il senso della morte e dell'insignificanza dell'esistenza vengono inscritti nei primi piani del protagonista, che con la sua mimica facciale, tra il cinico e il saggio, segnala come l'esistenza stessa sia sopportabile soltanto vivendola con un certo disincanto, adornato di cultura e sessualità, unici elementi in grado di alleggerire il senso incipiente dell'insesorabile decadenza. Ma nulla possono il sesso e la cultura di fronte al sentimento dell'amore, che travolge tutto, persino la scelta "razionale" di doversi separare dalla donna appena incontrata perchè troppo giovane. Il protagonista, infatti, consapevole della sua anzianità anticipa la fine dell'amore per la sua giovane allieva, proprio perchè l'intensità di quell'amore mettono in crisi le certezze più amare, quelle della morte e dell'invecchiamento. 'Come posso stare con una giovane, se tanto devo invecchiare e morire, se tanto prima o poi, lei, così bella, mi lascerà per un altro della sua età?'. Dopo due anni di distacco dalla giovane donna sinceramente amata, nei quali perde l'amico del cuore, nel professore emerge sempre di più una solitudine sconfinata, che forse si pone anche come formazione alla verità, e cioè di riconoscere la vita per quello che è, per la sua temporalità, per la sua finitezza, e così amarla con devozione. Il salto di qualità avviene infatti con l'ennesimo incontro con la donna che aveva lasciato da due danni, ma sarà un incontro diverso, non più quello della giovane e dell'anziano colto e saggio, ma quello di una donna affetta di cancro e prossima alla morte e un anziano soltanto per motivi anagrafici, che in realtà non è mai maurato ed è sempre rimasto un infante per il timore di vivere. Quell'incontro segnerà la svolta del professore universitario, perchè comprenderà che si può amare, e si può amare nonostante la malattia, la morte e il tempo che inesorabile passa...
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