Regia di Isabel Coixet vedi scheda film
Adulatore della bellezza femminile che assurge addirittura al titolo di opera d’arte, l’affascinante professor David Kepesh non cede mai alla tentazione di considerarla come qualcosa in più di un semplice oggetto del desiderio. Fino a che non incontra Consuela Castillo, trent’anni in meno ma il carisma e la maturità sufficienti per impreziosire di sentimentalità l’esperienza estetica e per ribaltare i ruoli, facendo salire lei in cattedra a dare, per l’appunto, lezioni d’amore. Titolo, questo, quanto mai inflazionato e logoro, tanto più se confrontato con quello, ben più incisivo, del romanzo di Roth da cui il film è tratto, L’animale morente. Di cui (vorrebbe) rappresenta(re) la riflessione sull’arte e il (suo) possesso, sul corpo che arte è e sulla (sua) bellezza che invece non appartiene nemmeno a chi quel corpo lo abita. Vorrebbe, per l’appunto. In realtà, dilapida quasi interamente la ricca eredità rothiana (straordinaria nel rendere comprensibile la sessualità maschile anche a un pubblico femminile) per limitarsi a essere una raffigurazione infantile dell’infantilismo umano in preda ad ansie adolescenziali al limite del ridicolo, che sopraggiunge quando «la paura di invecchiare prende il posto della paura di crescere».
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