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Revolutionary Road

Regia di Sam Mendes vedi scheda film

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La recensione su Revolutionary Road

di Ewan
8 stelle

Frank ed April si conoscono ad una festa. Lui la ammalia con dolci parole, lei ci casca, lo fanno nel bagno delle signore e pochi anni dopo li ritroviamo sposati, con due bambini (che però nel film non vediamo quasi mai, grave faciloneria di sceneggiatura), in una carinissima villetta del Connecticut sita in Revolutionary Road. Il lavoro di lui è inappagante e sfibrante, mentre lei è la classica madre devota dai sogni infranti che non ha null’altro a cui appoggiarsi se non i piatti da lavare mentre il marito festeggia il compleanno nel letto della procace segretaria. La crisi tra i due sembra sul punto di diventare irrecuperabile, quando un’idea sembra poter rimettere a posto le cose: perchè non trasferirsi a Parigi e ricominciare in Europa una nuova e finalmente soddisfacente vita?

Ogni famiglia cela dolori, rancori e misteri. Il nucleo dei Wheeler (DiCaprio, Winslet e prole) ha l’unico svantaggio di essere così appariscente, ammirato e anticonformista da non saper mascherare i propri disagi. E così il buonismo e l’ipocrisia dei falsi amici che li circondano saranno la goccia che farà strabordare il vaso dei risentimenti, e che porterà tutti sull’orlo del baratro. La loro storia, costantemente in movimento tra flashback sul loro roseo passato e martellanti dialoghi sul loro incerto futuro (scritti da Justin Haythe, In ostaggio), rappresenta in fin dei conti ognuno di noi, noi ai quali la vita non riserva mai ciò che ci aspetteremmo, noi che siamo costantemente insoddisfatti e mai contenti, noi che vorremmo gridarlo al mondo ma ci tratteniamo per esplodere soltanto dentro il nostro animo corroso. In questo Revolutionary Road è efficace anche se non graffiante come ce lo saremmo aspettati, e pur calando di pathos a metà del racconto, quando fa tremendamente capolino il rischio soap, sa riprendersi nella seconda parte portando lo spettatore ad interessarsi ad un finale atteso ma non del tutto scontato.

In fin dei conti la trasposizione cinematografica del romanzo di Richard Yates non è nulla di nuovo: l’atmosfera maschilista e misogina è la stessa degli anni ‘60 di Mad Men, il discorso sugli scheletri nell’armadio dei nostri dirimpettai è portato brillantemente sul piccolo schermo da anni dalle Desperate Housewives. Questa è solo la versione più “di qualità”, per il grande schermo, con l’intelligente regia di Sam Mendes (American Beauty, Era mio padre) che non può far altro che seguire in maniera partecipe e mai distaccata le due straordinarie interpretazioni di Kate Winslet (soprattutto) e di Leonardo DiCaprio, per la seconda volta insieme 11 anni dopo Titanic.

Il film è candidato a tre premi Oscar: miglior attrice protagonista, miglior attore non protagonista (candidatura a mio parere esagerata, ma il doppiaggio può fuorviarmi, per Michael Shannon nel ruolo di un malato schizofrenico che contribuirà non poco alla distruzione delle apparenze nella famiglia Wheeler) e miglior scenografia.

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