Regia di Sam Mendes vedi scheda film
Il rischio (lo dico in senso ovviamente ironico, però è la verità) è quello che ci stiamo abituando troppo bene. Dopo due film fenomenali come "Milk" e "Il dubbio" eccoci qua a recensire un altro capolavoro, questo magnifico "Revolutionary road". E pare che sia solo l'inizio: dietro l'angolo ci aspettano due "perle" annunciate (salvo improbabili sorprese negative) come "Frost/Nixon" e "The wrestler". Bene, vuol dire che a fronte di tanti, tantissimi, film superflui, sciocchi o semplicemente brutti, escono in sala anche pellicole che sono in grado di saziare la nostra fame di cinema di qualità, di cinema che non ci faccia vergognare. Vorrei partire da una considerazione personale che riguarda il regista Sam Mendes, notoriamente reso "ricco e famoso" grazie ad una pellicola tra le più controverse mai realizzate, "American beauty". Io mi sono sempre chiesto come mai quel film (che a me piacque parecchio, ma questo conta poco) abbia suscitato tanto odio tra i suoi detrattori. D'accordo, succede ad ogni film, e a qualcuno più che ad altri, di dividere il pubblico e talvolta anche la critica, ma io ricordo bene che in quell'occasione si passò il segno. C'era gente che se avesse avuto fra le mani Mendes gli avrebbe dato fuoco. Una campagna di odio simile me la ricordo solo per "Crash" di Paul Haggis, anche lui fatto oggetto di un livore degno di miglior causa. Haggis ha poi dimostrato, strada facendo, il suo valore che ha neutralizzato l'eccitazione di chi lo voleva morto. Eppure Mendes è cineasta forse non eccelso, ma comunque capace di dirigere gli attori ed è uno che sa quello che vuole. E' curioso poi constatare come -fatte salve le debite differenze- quest'opera abbia qualcosa in comune con un altro bellissimo film in questi giorni nelle nostre sale,"Il dubbio", e cioè una certa impostazione "teatrale", o "classica" se preferite, che assolutamente nobilita ed impreziosisce le due pellicole. Insomma, per capirci, questo "stile" li rende due film SOLIDI, verrebbe quasi da dire "come si facevano una volta", vale a dire film dove le furbate e le mode non trovano cittadinanza, dove ciò che conta davvero è la capacità di raccontare belle storie appassionanti con personaggi interessanti che si relazionano attraverso dialoghi stimolanti. Eppure tutto sommato il film di cui andiamo a parlare non è che parli dei massimi sistemi, in fondo racconta la storia banale di due persone che si incontrano, si annusano, si piacciono, e dunque uniscono le loro vite con prospettive di felicità e sereno avvenire, ma poi subentrano le incomprensioni...e dall'indifferenza all'odio il passo è inevitabile, aprendo la strada a scenari di tragedia. Ecco, la vicenda è tutta qua, banale ma affascinante nel suo percorso dalla gioia eccitante al dolore che fa male passando attraverso la speranza e la delusione. Forse, come qualcuno ha detto, un film sulla impossibilità di essere felici in questa vita? Chissà. Quel che è certo è che, attraverso due attori incredibilmente bravi ed in assoluto stato di grazia, lo spettatore, per due ore tonde, resta avvinghiato alla poltrona senza scampo, inchiodato da un dramma capace come pochi di suscitare passione e forte coinvolgimento emotivo. E -lo ripeto- non ci sono nel film accadimenti speciali, anzi, se vogliamo (ma non fraintendetemi) gli elementi potrebbero ricordare quelli di uno sceneggiato televisivo: il corteggiamento, l'amore, la passione, il tradimento, la maternità, un aborto. Ma il problema non è raccontare le svolte, romantiche o tragiche, che possono scandire le nostre misere vite, ma è il COME raccontarle in un film, rappresentando passioni che siano condivisibili, credibili, autentiche. E ciò, grazie alla possibile (ma rara) alchimia tra bravi attori, bravi registi e sceneggiature di ferro, è realizzabile, non è un'utopia. Riflettendo poi sulle straordinarie interpretazioni della Winslet e di Di Caprio, concedetemi alcune considerazioni sul significato dell' "essere attore". Esistono metodi e Scuole (tipo l'Actor's Studio) che insegnano tecniche infallibili e che hanno "formato" attori eccelsi, ma io credo che alla "scuola" bisogna necessariamente aggiungere una "fiamma" che devi avere dentro dalla nascita, qualcosa di genetico che determina la tua predestinazione al teatro. Non so se sia l'esempio più opportuno ma è il primo che mi viene in mente, forse perchè è uno di quelli che più si sono radicati in me: l'indimenticabile sciancato impersonato da Dustin Hoffman ne "L'uomo da marciapiede". Ecco, può anche essere che Dustin per quella parte abbia studiato fino a raggiungere la perfezione, ma quando devi rivestire un ruolo tremendamente disperato come quello, devi per forza tirare fuori dalle viscere qualcosa che hai dentro. Ed è quel "qualcosa" (che non so definire) su cui le Streep, i Seymour Hoffman, e probabilmente anche i Di Caprio e le Winslet possono contare. Già l'inizio del film è fulminante: un incontro fatale fra due persone predestinate a conoscersi. Siamo ad un party. Due sguardi s'incrociano e subito scocca la scintilla. Dopo pochi secondi i due sono già lì a raccontarsi i propri sogni, scoprendo che fatalmente coincidono, ed è altrettanto fatale che quei due contenitori di sogni si uniscano in un unico Grande Sogno. Quando lei gli dice rapita "Sei la persona più interessante che abbia mai conosciuto" si capisce che il gioco è fatto. Sono due ragazzi con una vita davanti a loro. A quell'età chi non si sente invincibile? La loro energia è libera, immensa, e non si pongono limiti nei loro desideri, proprio perchè si sentono assolutamente SPECIALI ed avvertono chiaramente il bisogno di (come si usa dire) "spaccare il culo al mondo", frase che -tradotta nella realtà quotidiana- significa lavorare sodo per riscattare il senso di una vita condannata ad una esistenza già segnata, monoliticamente destinata a subire un destino grigio e una routine senza scampo. Siamo infatti nella provincia del Connecticut, con tutto quello che comporta per due giovani che sentono la loro energia ideale imprigionata dentro casette e prati tutti uguali, mestieri già decisi perchè magari ereditati dal padre, stradine tutte uguali come le casette e i prati. I due, che quando si sono giurati amore lo hanno fatto anche condividendo un'attitudine a vivere una vita da prendere a morsi, proprio come i bohemiens parigini, avevano fatto proprio uno dei più splendidi slogan della controcultura americana: "Cambiamo la vita prima che la vita cambi noi". Ma -con un salto temporale brusco e improvviso- il film ci mostra cosa sono diventati quei due "contenitori di felicità": due persone che hanno ucciso ogni sogno e massacrato ogni speranza, due angeli le cui ali si sono bruciate troppo presto, due esseri che ormai possono sentirsi vivi solo rantolando. Tra loro nessuna più comunicazione, ma solo "segnali" di rabbia, che nascondono il rimpianto muto per ciò "che avrebbe potuto essere". Come si può intuire da quanto ho scritto, si tratta di un film altamente drammatico e molto triste. Ma di quelle tristezze che ti imprigionano e ti fanno bene, se sei uno spettatore che cerchi un cinema che viva di sentimenti pulsanti, e non di "rumori" o di "abbagli". In mezzo, tra quello che i due protagonisti erano e quello che sono diventati, c'è la storia di due vite, prima unite dalla passione poi tutte spese a divergersi l'una dall'altra. Ad un certo punto (ed è uno snodo fondamentale della storia) si accende una luce inaspettata: la ragazza (che è anche la meno impulsiva e la più sensibile dei due) suggerisce una via d'uscita dalla crisi, qualcosa che potrebbe generare un "nuovo inizio" e -chissà- la rinascita dell' antica passione che li aveva fatti incontrare. I due potrebbero cioè piantare in asso quella realtà di merda (scusate l'espressione ma è per rendere l'idea) fatta di una quotidianità (ambiente, lavoro, vicini, etc) ormai intollerabile per entrambi per andare a stabilirsi a Parigi, città dove ricominciare tutto da capo, con rinnovata energia e nuovo scatenante entusiamo. Incredibile: pare proprio la svolta di cui c'era bisogno e anche il ragazzo pare aderire alla proposta con entusiasmo. Ma l'eccitazione per il cambiamento in arrivo dura appena lo spazio di un mattino. Fino a quando lei scopre di essere incinta: questa novità fa crollare fragorosamente ogni impalcatura di speranza. Lui è irrimediabilmente deluso, al punto che -pur disprezzando il proprio lavoro e l'ambiente gretto dei suoi colleghi- accetta una promozione e finisce col trovare blande ed improbabili gratificazioni proprio nell'attività lavorativa.
Lei (come dicevo, molto più sensibile) stavolta va fuori di testa, realizzando che la condanna all'infelicità è ormai senza appello e che la sua vita si trova in un vicolo cieco. E allora inizia la definitiva discesa agli inferi. Ciascuno dei due poi ha il suo modo di soffrire come un cane. Lui più orgogliosamente ma in realtà è un animale ferito incapace di rialzarsi. Lei è sommamente straziante nel suo trattenersi dentro i suoi abissi di dolore. Fino alla tragedia finale, che è talmente carica di emozione che per nulla al mondo sarei capace di svelarla. Ma poi, certo, la vita continua, anche dopo la tragedia. E si potrà ripensare a quello che è successo, magari seduti su una panchina, davanti a dei bambini che giocano. Oppure bevendo un caffè a casa di una coppia di amici. Ma ci sono eventi e persone che è troppo importante rievocare senza banalizzarli o -peggio- manipolandone il ricordo...e allora forse è meglio togliere l'audio e lasciare che le parole inutili cadano nel vuoto...proprio come fa il vecchio nell'ultima -strepitosa!!- immagine prima che si accendano le luci in sala. Chiedo scusa se mi sono dilungato ben oltre il dovuto, ora sarò costretto ad essere sintetico nel commentare lo straordinario cast. Di Caprio è una certezza assoluta del cinema contemporaneo. Kate Winslet la adoro da tempi non sospetti. Figuratevi che la notai quando, poco più che bambina, era la co-protagonista del mio film di culto per eccellenza, "Creature del cielo". Quel suo viso così imperfetto, con un naso forse troppo grosso e una bocca troppo grande, con quel brufolo vistoso all'angolo della bocca, quelle sopracciglia nere forse troppo folte e in contrasto col biondo dei capelli, ecco, tutte queste lievi imperfezioni fanno del suo volto una meraviglia di femminilità e la rendono una donna unica e splendida. Kathy Bates, attrice che non sempre trova i ruoli giusti (come poi capita a quasi tutte le star in età avanzata di Hollywood...) qui è invece perfettamente in parte. Ma, a proposito del cast, c'è una nota da aggiungere. Giustamente, quasi tutte le recensioni hanno posto in evidenza le doti d'attore di Michael Shannon. "Michael chiiii?", direte voi. Beh, anch'io prima non sapevo chi diavolo fosse. Qui fa una parte brevissima, ma assolutamente indimenticabile: quella del figlio di Kathy Bates, afflitto da disturbi psichici: dovete vederlo per capire come un grande attore in pochi minuti possa riuscire a prendersi per sè tutta la scena relegando in un angolo perfino Di Caprio e la Winslet! Ma intanto quei pochi minuti hanno fatto sì che Shannon (evviva!) fosse candidato all'Oscar. Temo (un paradosso per dire che ne sono felicissimo) che questo film incasserà parecchio, e già sta spopolando in ogni multisala. E' bello sapere che (poche volte, ma succede) il successo e la qualità coincidono.
Voto: 10
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