Regia di Vadim Perelman vedi scheda film
II cinema deve molto a quel vecchio gringo di Ambrose Bierce. Davanti agli occhi appartiene infatti al filone che riscrive Incidente a Owl Creek, probabilmente il racconto più famoso e amato dello scrittore. Esempi più o meno recenti ne sono November, Stay e, arretrando nel tempo, Allucinazione perversa e Il sesto senso. Caratteristica comune di questi film, con la sola eccezione di Shyamalan, è che il twist rivelatore, annunciato dall’intrecciarsi dei piani temporali, risulta essere sempre un po’ telefonato. Davanti agli occhi, tratto dal libro di Laura Kasischke, inizia con una strage scolastica memore di Columbine e procede seguendo Diane, la protagonista sopravvissuta – interpretata da adolescente da Evan Rachel Wood e da adulta da Uma Thurman – che continua a rielaborare il lutto masticando ossessivamente i ricordi che precedono l’eccidio. Nonostante tutti gli sforzi della donna, il tessuto della (sua...) realtà inizia a sgretolarsi proprio in occasione dei giorni che precedono la celebrazione del quindicesimo anniversario della strage. Il regista tenta di dare corpo a un credibile processo di erosione della realtà coincidente, paradossalmente ma non troppo, con una forte presa di coscienza da parte della protagonista, anche se non riesce a fare a meno di indulgere con effetti digitali dal vago sapore new age. Il senso dell’operazione è chiarissimo: nulla muore, tutto vive sempre e comunque ritorna (anche quando non dovrebbe). Perelman mette in scena questo dramma della coscienza (definita «la voce di Dio») con alcune intuizioni formali interessanti che rischiano d’essere vanificate dall’eccessivo didascalismo di alcuni dettagli volutamente “rivelatori” seminati nel corso del film, e che sarebbe impossibile non notare. Tentato dunque dalla paranoia ma conquistato da derive spiritualistiche, Davanti agli occhi è opera irrisolta dalle molte (probabilmente troppe) ambizioni, che se non altro vanta al suo attivo il dialogo a distanza tra le due protagoniste femminili.
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