Regia di Vadim Perelman vedi scheda film
Voto: 10/10. Secondo lungometraggio di Vadim Perelman (dopo “La casa di sabbia e nebbia), passato in sordina un po’ ovunque (Italia compresa, all’inizio del 2009): e per molti a ragione. Mi trovo dunque a dover imbastire una specie di quarto grado di giudizio, dopo una serie di condanne più o meno definitive.
Il film, per il sottoscritto, è stato invece una vera sorpresa (stranamente non avevo letto quasi nulla prima di vederlo in dvd, che peraltro si presenta con una ricchissima selezione di contenuti extra): e di piccole sorprese non è avaro, in particolare verso il finale, in quanto inizia come un più o meno convenzionale film drammatico per poi tramutarsi in una specie di thriller. Ma sono evidenti fin da subito, a partire dai titoli di testa, alcune peculiarità: la storia è raccontata, anche nei passaggi più crudi, sempre con una certa apparente “leggerezza” (nel senso più positivo del termine, forse è più appropriato parlare di poesia), senza mai indugiare sul dramma, mostrato solo attraverso brevi flash (ma non per questo risulta meno efficace). A questo contribuiscono sicuramente la messa in scena di Perelman e la fotografia del polacco Pawel Edelman (spesso collaboratore di Roman Polanski, da “Il pianista” a “The Ghost Writer”), che risultano due punti di forza del film. La mdp alterna spesso primi piani dei protagonisti ad inquadrature ravvicinate della natura che li circonda (ispirate dal lavoro della fotografa giapponese Mika Ninagawa), con particolare attenzione all’elemento acqua: il tutto come fossimo in un dipinto dai colori saturi e dai forti contrasti. Azzeccata la scelta di ambientare la pellicola in un primaverile Connecticut (per le riprese del college è stata presa in prestito anche l’università di Yale).
Un film incentrato (o meglio decentrato) su molteplici baricentri narrativi: amicizia, destino, immaginazione, ricordi, coscienza e sogni.
Tratto dall’omonimo romanzo della scrittrice (ma soprattutto poetessa) Laura Kasischke, “The life before her eyes”, “Davanti agli occhi” segue due fasi della vita di Diana (e della sua migliore amica, Maureen), prima studentessa (Evan Rachel Wood) al college, poi, 20 anni dopo, madre e moglie (Uma Thurman) di un professore di filosofia. Il fulcro iniziale di grande impatto (anche nel modo in cui è portato sullo schermo), che cattura subito lo spettatore, è la strage che uno degli studenti compie nell’istituto americano: evento che coinvolge anche le due protagoniste, Diana e Maureen (Eva Amurri), che incontrano il ragazzo mentre, nel bagno, si stanno truccando prima di entrare in aula. Con una serie di flashback incastrati scopriamo come si sono conosciute e come sono diventate indissolubilmente legate fino a quella maledetta mattina… Immagino che buona parte della magia, dell’impatto visivo, della forza emotiva del film dipenda dal romanzo di partenza (che non ho letto), ma la trasposizione è altrettanto riuscita.
Ottima anche la colonna sonora del “titanico” James Horner che, a differenza di altri film, non avrei mai riconosciuto, visto che le atmosfere con cui accompagna le immagini sono ben diverse da quelle dei film più famosi.
Rien!
Nonostante il pessimo doppiaggio (unica nota stonata), la Thurman non l’ho trovata per niente fuori parte, anche se in un virtuale podio delle protagoniste, le assegnerei la medaglia di bronzo. Certamente potevano scegliere un’attrice più somigliante alla Wood, che impersona Diana da adolescente (ma i capelli biondi evidentemente sono più che sufficienti…), anche se, scelta la magnifica Evan, l’impresa si è rivelata quantomeno ardua.
La probabilità che Evan sbagli un ruolo è nettamente inferiore a quella che un asteroide colpisca la Terra: detto questo, si cala nei panni (in alcune sequenze davvero pochi, ma gli occhi ringraziano comunque… meglio chiudere qui questa divagazione assolutamente (non) cinefila) di Diana senza sbavature: davvero brava!
Vera sorpresa del cast, posso dire che, almeno in questo film, non ha rubato il posto (visto che è la figlia di Susan Sarandon) ad una più meritevole. Grande prova, perfettamente in sintonia con quella della Wood.
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