Regia di Marco Tullio Giordana vedi scheda film
La tormentata vicenda amorosa di Osvaldo Valenti (Zingaretti) e Luisa Ferida (Bellocci), star del cinema durante il fascismo, accusati di collaborazionismo e torture dai partigiani.
C'è da domandarsi cosa induca un regista che ha firmato capolavori come Maledetti vi amerò, I cento passi e La meglio gioventù a reclutare una attrice incapace come Monica Bellocci. Va bene che l'attrice umbra ne doveva interpretare una (Luisa Ferida) che probabilmente era ancora più scarsa di lei, ma qui il contrasto tra le pose imbalsamate e la voce monocorde della Bellocci stride eccessivamente con l'interpretazione strepitosa di Luca Zingaretti. Attorno al personaggio di quest'ultimo, un uomo pieno di contraddizioni, eccessivo, materialista, cocainomane, capace di improvvisi slanci di generosità, istrionico fino al parossismo, si impernia questo film che fatica a trovare una sua andatura a causa di un montaggio che, anche per l'eccesso di materiale filmato (siamo a oltre 2 ore e mezza di durata), si muove in continuazione e non senza confusione tra flashback e flasforward. È il sintomo inequivocabile di quanto sofferto sia stato per Giordana il parto di questo film al quale, con vicende alterne, ha lavorato dal 1983. Del regista milanese è impossibile non cogliere la cura per l'ambientazione e la capacità di girare scene magnifiche, come quelle che aprono e chiudono il film. Il risultato nel complesso è però incerto e il cast raduna ottimi caratteristi, 3 notevoi camei (Paolini, Bergamasco, Lo Cascio) e attori di terz'ordine, a cominciare da Alessio Boni che pareggia il conto della partita attori contro attrici, limitandosi a una pigra fotogenia e sfoderando l'ennesima prestazione svogliata e priva di modulazione.
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