Regia di Tom Kalin vedi scheda film
Un racconto di grandi passioni: l’ascesa e la caduta di una famiglia, una moglie disperata e bellissima preda delle proprie nevrosi, un marito freddo e umbratile, l’unico figlio troppo fragile, vittima di un rapporto morboso con la madre. Tratto da una storia vera, il film di Tom Kalin mette in scena la vita di Barbara Daly, ragazza di bassa estrazione sociale che sposa l’erede di un impero finanziario, e che condanna sé stessa e il figlio alla vita infelice dei ricchi. Sembrerebbe lo scenario perfetto per un melodramma scaldato alla fiamma fredda della rossa più famosa di Hollywood. Ma dietro al susseguirsi degli eventi non c’è nessun motore drammatico, nessun nucleo di senso, nessun cuore pulsante che motivi le azioni dei personaggi. Non c’è vera urgenza di esprimersi e di raccontare: Savage Grace si dispiega freddo e inerte, rassegnato a scontare la pena della propria inutilità. Julianne Moore, lasciata completamente a sé stessa, imperversa dalla prima all’ultima inquadratura, affannata a cercare quel po’ di calore, di dramma e di amore che il film costantemente ci nega. Non basta dire che una storia è realmente accaduta per farla palpitare sullo schermo come qualcosa di vero.
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