Regia di Joe Dante vedi scheda film
"Homecoming" porta allo scoperto il mondo artefatto della politica televisiva, ponendo impietosamente in luce gli indecorosi retroscena della campagna presidenziale americana. Sui teleschermi si consuma un deplorevole gioco mediatico che addomestica la realtà a fini elettorali; per contro è inarrestabile l'avanzata della verità, che riemerge dalle tombe dei caduti in Iraq, per vendicare la menzogna che li ha proditoriamente messi a morte. La condanna per chi sacrifica, ad un bieco progetto imperialista, centinaia di giovani esistenze umane, non può che essere inesorabile e inappellabile, come lo è, secondo i tradizionali canoni dell'horror, l'incursione omicida degli zombie, che niente e nessuno può fermare. La vita già annientata non può più essere uccisa, e in questo modo essa non rappresenta solo la perentorietà di una sentenza, ma anche la forza assoluta e devastante della reazione di chi, avendo perso tutto, non ha più alcunché da perdere. Questa trasposizione filmica del racconto di Dale Bailey sfrutta al meglio le potenzialità del cinema: la sapiente regia di Joe Dante carica la recitazione di un'energia sinistra, come il cinismo che deforma grottescamente un volto, o come l'odio che spegne il sentimento nella fissità di un'eterna smorfia di dolore.
: Nota di demerito per il titolista italiano. "Candidato maledetto" non ha alcuna relazione con la trama. Il bel termine inglese "Homecoming" non avrebbe dovuto essere tradotto: esso, infatti, sintetizza egregiamente l'ambiguità di un ritorno a casa che è, al contempo, lo spettro di una verità sepolta che viene a visitarci, infiltrandosi nella nostra omertosa tranquillità domestica.
Perfettamente calzanti le citazioni da "La notte dei morti viventi" di George A. Romero.
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