Regia di Richard Lagravenese vedi scheda film
Produzione marchiata MTV, il che fa già capire come il percorso del film sarà ben chiaro dall’inizio alla fine; infatti, alla resa dei conti, così è, anche se essendo ispirato a una storia vera, probabilmente buona parte dei fatti semplicemente così è.
Una giovane insegnante alla prima esperienza (fa un po’ impressione vedere Hilary Swank in un film marginale, alla disperata ricerca di ruoli che una donna come lei fa fatica a trovare) si trova ad avere a che fare con una classe di ragazzi disagiati, facenti parte di svariate bande e con un futuro - tutt’altro che roseo - già scritto.
L'inizio sarà difficile, anche perché per le istituzioni feccia sono (e feccia rimarranno fin quando camperanno) e quindi è inutile perderci tempo e fatica, ma lei, anche dal basso della sua inesperienza, andrà oltre i dettami del suo compito, finendo con il conquistarsi la difficile (?) fiducia degli alunni e perdendo quella degli affetti coniugali.
In Freedom writers tutto appare già scritto e condito da un buonismo a tratti quasi irritante (all’inizio son tutti feroci, ma poi diventano tutti, ma proprio tutti, tremendamente docili), insomma tutto è nero (chiaramente non mi riferisco alla pelle) e poi tutto diventa bianco, anche con estrema facilità.
Mancano quindi delle sfumature (altra cosa, oltre ai caratteri, cambia anche radicalmente l’abbigliamento da una fase all’altra, mentre le pistole vengono sepolte) che avrebbero aiutato a rendere ancora più vero il contesto, ma in fondo un messaggio genuino c’è e probabilmente si merita un giudizio medio per questo, anche se cinematograficamente parlando non aggiunge niente al genere, risultando molto semplice e prevedibile (ma anche ordinato e sostanzialmente efficace nel raggiungere un pubblico di adolescenti).
C'è da dire che la presenza di Hilary Swank aiuta la causa, così come le figure di contorno (dall’inflessibile Imelda Staunton al padre Scott Glenn), infine qualche scena (con il ricordo dell’olocausto per esempio e la seguente lettura de Il diario di Anna Frank) ben fatta c’è e la visione scorre senza incontrare sostanziali intoppi (e senza particolari sorprese di sorta).
Alla fine, riman un film molto pudico, nonostante i temi che affronta - in sé assai duri e cupi - ma viste le premesse poteva andare assai peggio.
Può dar fastidio per la sua linearità, ma in fondo possiede un’anima, secondo me, sincera, e può bastare così, almeno per una sufficienza; per giudizi superiori Richard Lagravenese avrebbe dovuto rischiare, con una confezione meno patinata, ma d’altro canto era anche quasi impossibile immaginare qualcosa di diverso da una produzione di questo tipo.
Molto, pure troppo, pulito, ma alla fine confeziona un film più che dignitoso che sa emozionare, pur nelle sue innumerevoli scontatezze (ma essendo una storia vera al più si può dire abbia calcato un pò la mano).
Determinata e coraggiosa, fa una discreta figura, nobilitando il film con la sua presenza.
Dignitosissimo.
Presenza secondario che offre comunque il suo piacevole contributo in scioltezza.
Regala un paio di acuti niente male, per il resto poco sfruttata, ma la classe non è acqua.
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