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Caccia spietata

Regia di David Von Ancken vedi scheda film

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George Smiley

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La recensione su Caccia spietata

di George Smiley
6 stelle

Caccia spietata poteva essere una buona occasione per far riflettere il pubblico sull'odio generato dalla guerra e sulla violenza che chiama altra violenza, ma il regista e sceneggiatore David Von Ancken ha usato un approccio troppo scolastico al materiale di partenza sprecando i mezzi che aveva a disposizione, compresi due attori in ottima forma.

"Seraphim Falls", distribuito in Italia sotto il titolo "Caccia (alla fine nemmeno tanto) spietata", è un duro revenge-movie travestito da western e ambientato tre anni dopo la fine della Guerra di secessione americana, tempo in cui i dissapori fra nordisti e sudisti erano tutt'altro che scomparsi: eccoci dunque a seguire le vicende dell'ex-nordista Gideon e dell'ex-sudista Carver, il primo preda e il secondo cacciatore, impegnati l'uno nella fuga dal suo persecutore e l'altro nell'inseguimento del colpevole di un delitto che gli ha segnato la vita e che verrà svelato nella sua interezza solo verso la fine del film...

Il regista David Von Ancken dimostra di avere piglio deciso e mano ferma e dirige una coppia di ottimi attori (Liam Neeson nella parte di Carver e Pierce Brosnan, qui davvero sorprendente, in quella di Gideon) in un western teso e violento, spietato e minimalista, in cui il duello a distanza fra predatore e preda è ben sostenuto da una più che sufficiente regia, da un'ottima fotografia che delinea paesaggi compresi tra le montagne innevate e l'assolato deserto e dalle prove dei due interpreti principali che appaiono entrambi sofferenti al punto giusto ma al tempo stesso determinati il primo a preservare la propria vita e il secondo a togliergliela. E allora cos'è che non va, vista anche l'ottima premessa da cui si parte? Innanzitutto i personaggi secondari, mal delineati e tagliati con l'accetta, spesso ininfluenti ai fini del risultato se non persino controproducenti. Un esempio su tutti è dato dagli sgherri di Carver (tra i quali figura un Michael Wincott purtroppo mal utilizzato e inutile nell'economia della pellicola), i quali pretenderebbero di essere dei killer assoldati dall'ex-nordista per dare la caccia al suo nemico ma che fanno più volte la figura degli incompetenti finendo per essere eliminati uno ad uno senza che questo incida granché sulla trama (verrebbe da pensare che forse sarebbe stato meglio eliminarli del tutto dalla sceneggiatura) . In secondo luogo non convincono alcuni dettagli in secondo piano della narrazione: come fa ad esempio un uomo stanco, ferito e appiedato a fuggire con successo più volte da una banda di uomini a cavallo armati di tutto punto che spesso lo avevano a portata di tiro e che inspiegabilmente non sono riusciti a colpirlo più di una volta e neanche a morte? In terzo luogo, infine, non convince la deriva mistica del finale, campata per aria e alquanto velleitaria, così come il finale stuccatamente pacifista e moralista (INIZIO SPOILER: ma è possibile che un uomo a cui è stata uccisa la famiglia, dopo aver dato la caccia per anni al suo aguzzino, nel momento in cui questo gli è a portata di mano egli cambi idea e lo perdoni? Sarò anche un cinico, però non so se avrei davvero avuto la forza materiale di dimenticare il passato e di lasciarlo andare dopo anni di odio e risentimento. Ma in fondo, chi può dirlo? FINE SPOILER). Con questo film si è cercato di avvertire il pubblico sui mali a cui porta la guerra e come dalla violenza nasca altra violenza, in una catena viziosa diffcile da spezzare, ma il regista nel farlo si è dimenticato che quest'interpretazione deve essere lasciata libera di essere colta dal pubblico senza sbattergliela in faccia in maniera così scolastica e approssimativa. Poteva essere un ottimo western, invece è solo discreto. Peccato.

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