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Chrysalis

Regia di Julien Leclercq vedi scheda film

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La recensione su Chrysalis

di joseba
6 stelle

"Fantanoir con venature cyberpunk" (Gervasini), Chrysalis è il primo lungometraggio di Julien Leclercq, già autore dell'apprezzato corto horror Transit (2004). L'intreccio è piuttosto contorto: nella Parigi del 2025 il tenente della Polizia Europea David Hoffmann (Albert Dupontel) perde la compagna e collega Sarah (Smadi Wolfman) in uno scontro col temibile Nicolov (Alain Figlarz). Profondamente traumatizzato dall'evento ma di nuovo in forze, il tenente viene messo sulle tracce dell'assassino dalla sua dirigente Miller (Claude Perron), che gli affianca nell'inchiesta la giovane Marie Becker (Marie Gullard), nipote del capo dell'Intelligence Charles Becker (Patrick Bauchau). L'indagine conduce ad una clinica ipertecnologica nella quale, in segreto, vengono effettuati interventi sulla memoria grazie a una sofisticata apparecchiatura denominata Chrysalis: un macchinario che permette di rimuovere i ricordi episodici del soggetto trattato bombardando l'ippocampo senza tuttavia alterarne le capacità di immagazzinamento. Ipotetici scenari di destabilizzante manipolazione umana si spalancano dietro questa sconvolgente scoperta.

Cervellotico nello sviluppo narrativo e schematico nella congiunzione della tematica sentimentale con quella tecnologico-poliziesca (l'immedicabile dolore per la morte della compagna e il possibile sfruttamento dell'apparecchiatura neurolesiva per la creazione di uomini deprivati di volontà propria), Chrysalis spara tutte le sue cartucce nella confezione e nella straordinaria prova di Albert Dupontel. L'esordiente Leclercq gira con mano di ferro le sequenze action (sia gli scontri a fuoco che i corpo a corpo in spazi ristretti) e predilige uno sguardo più levigato e rarefatto nelle scene ambientate nella clinica (con largo uso di carrelli laterali e totali geometrizzanti): la messa in scena sprigiona un certo sentore di calligrafismo, ma è comunque innegabile la capacità di controllare visivamente la materia, differenziandola a seconda delle situazioni e della temperatura drammatica (anche grazie a un commento musicale consistente ma non eccessivamente ingombrante).

Se lo stile di Leclercq indulge talvolta in soluzioni compiaciute (freeze frame, dissolvenze volatilizzanti, effetti di computer graphics smaccatamente estetizzanti), il vero punto di forza del film consiste nella prova integrale di Albert Dupontel. Interpretando personalmente tutte le sequenze (senza il ricorso a controfigure o cascatori d'ordinanza), il quarantatreenne ed eclettico attore francese dà vita a un personaggio sfaccettatissimo, in grado di alternare dolore, determinazione, smarrimento e fragilità con immutata efficacia. E mostrando al tempo stesso una prestanza fisica di eccezionale vigore, facendo del proprio corpo un luogo in cui si concentrano addolorate reminiscenze (le apnee cronometrate nella vasca da bagno) e mire vendicative (le furibonde lotte con Nicolov), passando per stasi di ripiegamento solitario.

In definitiva, un convoluto fantapolar con venature mélo (più che cyberpunk) di fattura non totalmente disprezzabile attraversato da un imponente corpo attoriale che si appropria, fisicamente e psicologicamente, dell'intera materia filmica.

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