Regia di Shane Meadows vedi scheda film
Integrazione e disgregazione sono due facce della stessa medaglia nella terra di Inghilterra di 30 anni fa.
Londra come laboratorio di sperimentazioni culturali.
La periferia come terreno di coltura di inveterate e mai sopite tensioni sociali, di tare e di resistenze ideologiche.
Ivi lo smarrimento assurge a condizione esistenziale inevitabile, che suscita reazioni contrastanti e contraddittorie. Nei riguardi del proprio paese. Nei riguardi di sè stessi.
Troppo facile individuare la causa?
A maggior ragione se filtrato dagli occhi di un dodicenne, il tatcherismo, a ben vedere, sembra solo un pazzle confuso e lontano (un puzzle, anzi, che una “magra” vittoria bellica ha mondato dalle sue colpe).
Eppure è vicino - vicinissimo, anzi - il dolore per l’assenza di un padre “fregato” dalle promesse disattese del neloliberismo bellicoso dell’Iron Lady.
Vicinissima, quindi, l’ulteriore fregatura. Lasciarsi irretire da ulteriori promesse di un’altra figura “paterna” che tale è solo a parole, ma assai meno nei fatti.
Il tatcherismo che miete un’altra vittima compiace Shane Meadows.
Ma il suo (palmare) atto d’accusa è, invero, un po’ deboluccio.
La messinscena ruvida e realistica e la colonna sonora di L.Einaudi assolvono egregiamente il loro compito, ma i deficit narrativi sono di tutta evidenza. L’angolo visuale adottato offre una panoramica (peraltro assai ridotta) della vita ai tempi della Tatcher più che del tatcherismo, scorso (quest’ultimo) di sfuggita, sullo schermo di un televisore.
La sublimazione del malessere privato a malessere di un intero popolo è un procedimento logico (demandato con eccessiva pretenziosità da S. Meadows) che si inceppa a più riprese.
Così erompe la follia del singolo, non il disastro di una generazione intera, privata del suo futuro.
Residua solo una manciata di allusioni, che non dà sufficiente appagamento.
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