Regia di Shane Meadows vedi scheda film
L'Inghilterra degli anni ottanta era un paese che mi affascinava tantissimo, anche per le sue contraddizioni, e che, marginalmente e superficialemente, ho toccato con mano. La storia, largamente autobiografica, raccontata da Meadows, si svolge nelle Midlands, il "profondo centro" dell'Inghilterra, proletario e infastidito dal modello multirazziale che ormai si era affermato a Londra. La vicenda di Shaun è ambientata in questa Inghilterra thatcheriana, appena uscita dalla guerra delle Falklands, guerra forse piccola, ma che qualche vittima, ovviamente, l'ha lasciata sul campo, anche dal lato britannico. Dal punto di vista culturale, si tratta di un paese ancora vivace, nel quale il movimento sociale skinhead - sorto dal magma che ribolliva intorno allo stile dei mod e alle ceneri ancora calde del punk - si sta spostando, almeno in parte, su posizioni destrorse e razziste, vicine alla politica xenofoba del National Front. In questo contesto si situa l'adesione di Shaun al gruppuscolo capeggiato da Combo, il quale unisce alla necessità di appartenenza ed al senso di rivalsa che anima anche il giovanissimo protagonista, una rabbia innescata dalle frustrazioni della vita, in quanto non ha un lavoro ed è appena uscito da tre anni e mezzo di detenzione in carcere, durante i quali ha perso anche la ragazza con cui pensava di avere avviato una relazione amorosa. Il cinema di Meadows è politicamente meno consapevole di quello di Ken Loach, ma stilisticamente più cattivo e fornisce un quadro altrettanto allarmante, nella sua lucidità, dell'Inghilterra dei nostri tempi. La fotografia sgranata di Danny Cohen rende bene l'iconografia che appariva attraverso i video musicali dell'epoca punk e post punk. Molto bravi tutti gli interpreti.
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