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The Ten

Regia di David Wain vedi scheda film

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La recensione su The Ten

di LAMPUR
8 stelle

A prenderti gioco dei Dieci Comandamenti hai già sfidato la sorte, a buttarla sul demenziale la sfidi un’altra volta.

Ma ad essere temerari magari ci si azzecca. Il sacro ed il profano in The ten s’intruppano che è una bellezza, ma proprio questo apparente stridere d’eventi recupera in maniera netta ed inequivocabile, estrapolandole da punti di vista estremi,  tracce di alta filosofia di vita. I dogmi dei comandamenti fanno parte dell’inconscio dna di ognuno di noi, spesse volte li stropicciamo (quando non li calpestiamo direttamente), ma gli archetipi di tali disubbidienze sono spesso lontani dalle occasioni, dalle novità, dalle infinite sfumature delle trasgressioni che la nostra ipercinica/bolica esistenza si affretta ogni minuto/secondo ad offrirci su un piatto d’argento, sempre nuovo, sempre più avvincente, sempre più mascherato non dico da buona azione, ma apparentemente scevro da quelle moleste.

La struttura a sketch e lo spirito goliardico richiamano immancabilmente il mitico Ridere per ridere di John Landis ed ogni comandamento è illustrato da un episodio limite.

Nel “Non avrai altro Dio all’infuori di me” si parte da una situazione paradossale di un tizio conficcato nel terreno dopo un lancio senza paracadute e rimasto miracolosamente vivo ma anche nell’impossibilità di essere minimamente mosso. Da lì si dipanano argute considerazioni, dalla potenza deflagrante dei media alla generazione di fenomeni d’emulazione, e tutta un’analisi psicologica legata agli idoli temporanei e all’esaltazione delle folle, con una originale escalation dalla struttura ben più affinata, creativa e riflessiva rispetto, ad esempio, all’analogo tentativo dell’ultimo Allen nell’elementare episodio con Benigni.

In altri episodi si calca forse la mano ma in linea di massima le esemplificazioni metafora sono semplicemente geniali come in “Non desiderare la roba d’altri” con la caccia alle macchine per la TAC, o in “Non nominare il nome di Dio invano” finissimo omaggio al calembour, o con l’episodio dedicato al “Non uccidere”,  dove il pdv (caro a mck) si deforma in curioso paradosso, e poi nel caciaronamente delicato “Onora il padre e la madre”, e nel finale emblematicamente liberatorio di “Ricordati di santificare le feste”

Qualcuno di noi potrebbe improvvisamente, oltre  a divertirsela, aprire gli occhi sulle mille varianti di “nuova generazione” che ci “offriamo” quotidianamente per sbertucciare una condotta di vita anche vagamente etica. Personalmente ho percepito tra i fotogrammi quanto spesso riesco ad essere idiota.

Forse con I Dieci Comandamenti di Cecil B. De Mille mi sarei esaltato e commosso ma senza illuminarmi sul dove/come sia facile sbagliare tutti i santi giorni… 

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