Regia di Robert Benton vedi scheda film
Una toccata e fuga sulla fine di un matrimonio. Il film diteggia sulla superficie di un amore dilaniato dalle banali contraddizioni della quotidianità; la trama esilissima percorre i microrilievi di un sentimento che emerge dall’animo senza mai arrivare ad incontrare la persona cui è rivolto. La melodia di fondo è l’insieme degli assoli dissonanti di cuori che battono senza mai entrare in sintonia: ciò che si prova rimane un’intenzione, incapace di tradursi in messaggi espliciti e doni concreti. Ci si vuol bene, ma non si riesce a stare insieme: questo principio del divorzio consensuale sembra voler affermare l’esistenza di una dimensione puramente astratta dell’affetto, che non ha bisogno della vicinanza, dello scambio, del confronto, della condivisione ma, al contrario, ne soffre. Una teorica libertà di essere è ritenuta incompatibile con la innata necessità di dare e ricevere, con la naturale pratica della cura e del sostegno reciproci. Il figlio è ridotto a un bene carnale, a un’appendice del proprio corpo che, in quanto tale, è oggetto di un egoistico desiderio di possesso. Avere “lui” in esclusiva diviene un bisogno impellente, tale da mettere in ombra tutto il resto, compresa la nostra propensione a dubitare, a temere di sbagliare, ad affidarci al consiglio altrui. Kramer contro Kramer è il “muro contro muro” a cui si riduce un rapporto quando l’io si rifiuta di sfumare nel tu e di crescere nel noi, e dà luogo ad una sterile competizione, disputata unicamente in termini di diritti rivendicati e pretesi meriti, come se, nel rifiuto del dialogo e nell’incomprensione, fosse possibile distinguere tra la ragione e il torto.
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