Regia di Alex Gibney vedi scheda film
VOTO : 6/7.
Documentario ben costruito, ricco di informazioni e dichiarazioni, lontano dallo stile “scanzonato” del più famoso Michael Moore e incentrato su un argomento di respiro meno ampio, ma decisamente crudo e probabilmente alquanto rimosso (guardandolo mi sono venuti in mente i fatti che in effetti non mi ricordavo più) e per questo maggiormente meritevole, perché fatti del genere non possono essere dimenticati.
Tutto parte dalla figura innocua di Dilawar, giovane tassista che un giorno, uguale a tanti altri, parte per andare nella vicina città afghana e non farà mai più ritorno dalla sua famiglia.
Infatti viene arrestato da truppe americane e morirà per le percosse subite durante gli interrogatori, per l’accusa di fiancheggiare i terroristi.
Partendo da questo spunto Alex Gibney amplia il tiro sull’argomento e costruisce un’indagine incalzante, condita da documentazioni e testimonianze, dirette e non, sui soprusi perpetrati dai servizi di intelligence americana per ottenere informazioni sui terroristi.
Dalla violenza più cruda, si passa a quella prettamente psicologica (ad ogni modo tutte terribili) e vedere certi immagini, accompagnate dalla voce di chi la situazione l’ha vissuta, dalla parte del carnefice e da quella della vittima, stordisce e lascia allibiti.
Soprattutto perché non si parla di condannati, ma per lo più di semplici sospettati (spesso per caso), ridotti in situazioni disumane, a volte letteralmente uccisi dopo atroci sofferenze, senza che ci siano accuse reali e provate (la regola della presunta innocenza fino a prova contraria tanto sventolata dagli americani anche in processi nostrani, va a farsi benedire).
Come sempre chi ne esce con le ossa rotta, intendiamoci nella pellicola non nella realtà, sono i governanti, Bush e la sua squadra di governo, che prima impartiscono ordini e direttive (seguite a volte da battutacce da bar), poi quando il tutto viene a galla, se ne tirano fuori (una legge paraculo) ed alla fine chi rimane scottato sono persone normali, che in ogni caso hanno sbagliato, ma non possono certo pagare per tutti con mesi di prigione e disonore.
E così l’ultima dichiarazione del padre del regista fa pensare su quanto i tempi siano cambiati, mentre nelle guerre di una volta gli americani si sentivano dalla parte del giusto, oggi questo è più difficile da concepire (anche se dopo lo scandalo il 35% degli americani era ancora favorevole a questo tipo di comportamento).
Insomma un bel documento, teso, cupo e senza sconti, forse cinematograficamente parlando un po’ povero, ma decisamente efficace nel portare in scena i fatti e le colpe che non si possono negare.
Da vedere e rifletterci sopra.
VOTO : 6/7.
Mette insieme un'indagine convincente ricca di materiale e con una buona scaletta di fatti e interviste, inserendo lungo il percorso elementi necessari per completare l'insieme.
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