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88 minuti

Regia di Jon Avnet vedi scheda film

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Dom Cobb

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La recensione su 88 minuti

di Dom Cobb
2 stelle

Cosa c'è di peggio di un thriller banale? Un thriller che oltre ad essere banale è anche noioso. "88 Minuti" conquista questo poco ambito record grazie a difetti e problemi praticamente all'interno di ogni suo comparto, a cominciare (of course) dalla sceneggiatura: Jack Gramm (Al Pacino) è un riconosciuto psichiatra criminale che collabora con le forze dell'ordine di Seattle, dieci anni prima una sua perizia aveva permesso la cattura e la condanna di un serial killer (Neal McDonough) che torturava ed uccideva giovani donne. Ora altre ragazze vengono uccise con le stesse modalità e Gramm riceve minacciose telefonate in cui una voce sconosciuta lo avverte di avere solo 88 minuti di vita. "Una telefonata allunga la vita": in pratica buona parte del plot del film è legata alle ripetute ed interminabili telefonate che Pacino fa e/o riceve dal resto del cast (soprattutto femminile); la caccia all'assassino si svolge sul filo del telefono (o meglio, del cellulare): una trovata di sceneggiatura che alla lunga si rivela stancante e che smorza una qualsiasi pretesa di tensione durante il film. La sceneggiatura, nel suo insieme, è un coacervo di idee sbagliate o mal realizzate: per esempio, sono veramente troppi i personaggi che appaiono e scompaiono di scena senza una effettiva utilità e che, perciò, risultano buttati dentro alla trama di forza, giusto per cercare di rimpolpare malamente il suo misero svolgimento. Insomma, una trama non solo frammentaria, ma anche zeppa di errori e buchi di sceneggiatura grandi come crateri lunari; qualche esempio: i personaggi entrano in scena troppo in fretta rispetto al tempo che intercorre nel film (Leelee Sobieski, colpevole dei delitti, non può essere al campus universitario, per poi andare in città per uccidere due persone, tornare nuovamente al campus per prendere ostaggi e tutto questo in meno di 88 minuti e sempre prima dell'arrivo di Pacino); nuovamente il killer, come fa a lasciare dei messaggi a Pacino dove gli indica con precisione quanto gli resta da vivere (esempio: ti restano 76 minuti, ti restano 72 minuti, ecc.) in posti ben precisi - sulla lavagna della classe, sulla carrozzeria dell'auto - sapendo che Pacino li leggerà proprio al momento giusto? O ancora, se il killer vuole uccidere Pacino proprio dopo 88 minuti, perchè gli fa saltare in aria la Porsche a metà film? Diventa inutile proseguire con altre domande del genere, perchè si è capito che in questo caso gli sceneggiatori hanno lavorato svogliatamente, al minimo sindacale e, forse, con una certa dose di sbadataggine. Pacino recita senza troppa convinzione battute a volte ridicole, mentre il resto del cast femminile non riesce a mettersi in luce: la bella Deborah Kara Hunger è anonima, Amy Brenneman non pervenuta (e pensare che lei e Pacino avevano lavorato assieme in "Heat" di Michael Mann), Leelee Sobieski ha troppo il faccino da brava ragazza per poter essere credibile come spietata assassina (e trova pure il tempo e i muscoli per legare le proprie vittime a testa in giu tramite carrucole...); gli altri due interpreti maschili di un certo rilievo oltre a Pacino, cioè Neal McDonough (il serial killer in prigione) e William Forsythe (l'agente FBI) restano in scena per un minutaggio troppo ristretto per poter lasciare il segno o per garantire una degna caratterizzazione ai loro personaggi. Un'ulteriore ridicolaggine che non ho potuto fare a meno di notare: Pacino - professore universitario - ha una pistola chiusa nel vano porta oggetti della propria auto, Alicia Witt, sua assistente, invece la porta con sè dentro ad una comoda borsetta: due docenti universitari che indagano su un killer seriale armi in pugno neanche fossero agenti speciali dell'FBI. "88 Minuti" fa parte di una terribile collaborazione artistica tra Al Pacino ed il mediocre regista Jon Avnet, di cui il secondo tassello di questo sciagurato dittico sarebbe stato, l'anno successivo, l'altrettanto dimenticabile "Sfida Senza Regole", film - quest'ultimo - che ha l'aggravante di gettare alle ortiche non solo Pacino, ma anche Robert De Niro. A quanto pare Jon Avnet è da considerarsi un regista recidivo nel girare brutti polizieschi ed "88 Minuti" non merita nemmeno un minuto di visione. Tempo sprecato nel vedere come grandi attori invecchiando tendano a buttarsi via.

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