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Harry Potter e il Principe Mezzosangue

Regia di David Yates vedi scheda film

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La recensione su Harry Potter e il Principe Mezzosangue

di lussemburgo
8 stelle

Il consueto esordio della pellicola nel mondo reale esterno ad Hogwards introduce una dimensione realistica attraversata di malessere fantastico. Permeata da tonalità metalliche e cupe, Londra viene assalita da esseri nebulosi che distruggono il Millennium Bridge e avvertono l’umanità della presenza di forze oscure, prepotenti ed insunuose. La modernità architettonica ribadisce la contemporaneità delle vicende che l’ambientazione fantastica rischia di affievolire, universo magico e consueto combaciano, e si affiancano nella comune letale minaccia che, oltrepassato il ponte, termina il suo letale percorso nella zona nascosta all’interno della città, la contro-Londra delle streghe e dei maghi.

Avvio dell’età adulta di Harry e conseguente tappa di avvicinamento al termine del periodo di formazione nella scuola di arti occulte, il sesto capitolo della saga del maghetto introduce una dimensione privata e, al contempo, comunitaria degli aspiranti stregoni. L’invadenza dell’amore e dell’attrazione fisica si affianca ai segnali sempre più preganti di un destino individuale, a cui si somma la tragedia comune della perdita del Preside che, insieme, contribuiscono a contraddistinguere drammaticamente Il principe mezzosangue. Uniti e distinti, gli scolari di Hogwarts sono personalità in via di definizione, all’inizio o al termine in un percorso individuale di apprendimento e di consapevolezza, di padronanza della magia e della vita che sfalda ogni precedente sicurezza.

Dissipate le poche certezze e verificata l’intromissione del tradimento, Harry si ritrova solo e con la prospettiva di dover abbandonare Hogwarts per continuare la caccia al male al di fuori delle protettive mura dell’istituto scolastico. Allontanato dai compagni per necessità, Harry deve procedere in solitario verso un duello finale a cui la stessa nascita lo ha costretto, incapace di distinguere con chiarezza il campo degli alleati da quello degli avversari, avanza con l’incertezza confusa dell’adolescenza trasposta nella magia avventurosa delle pagine della Rowlings.

La regia, per una volta non plagiata dalla deformazione digitale, tinge di cupezza le inquadrature, spezzate lungo l’asse verticale a definire una dicotomia interiore che si riflette nella simmetria esterna a creare le coordinate di un incubo confuso e doloroso il quale, nelle sinuosità della trama, scava il disagio del personaggio costretto ad una maturazione indotta. Yates accompagna il personaggio lungo il declino dell’innocenza con un film livido e glaciale eppure coinvolgente, con l’accortezza di rimanere vicino al protagonista e firma il miglior film della serie con quello di Cuaròn.

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