Regia di Joon-ho Bong vedi scheda film
“Non è colpa tua! La colpa è di chi ha ucciso il cane. Non dovrebbe cavarsela così.”
“Giusto. Dobbiamo trovarlo! Quella merda d’uomo… Gli toglierò i vestiti e lo butterò giù dall’ultimo piano.”
“Così… Lo avevate quasi preso?”
“Ce l’avevo quasi fatta.”
“Sei riuscita a vedere la sua faccia?”
“No, solo da dietro. Sono quasi riuscita a toccargli la schiena. Era piuttosto alto. Circa come te…”
Yun-ju (Lee Sung-jae) ha appena terminato il suo dottorato di ricerca, ma scopre via telefono da un collega che la cattedra a cui ambiva gli è stata fregata. La telefonata, già nefasta di per sé, è disturbata dai guaiti di un cane, provenienti dal complesso di appartamenti in cui Yun-ju vive con la compagna – di cui è praticamente succube – Eun-sil (Kim Ho-jung), incinta all’ottavo mese.
Yun-ju individua in un docile Shih Tzu il cagnolino responsabile di quegli odiosi latrati, nonché il povero capro espiatorio su cui riversare tutta la propria frustrazione per la mancata assegnazione della cattedra; d’impeto lo preleva e corre sul tetto del suo palazzo, con l’intento di scagliare giù la povera bestia. Un imprevisto lo frena e lo fa ripiegare su un tentativo di impiccagione, fortunatamente fallito. Alla fine, si accontenta di rinchiudere lo Shih Tzu in un armadio all’interno dello scantinato condominiale.
Quando capisce di aver commesso un errore e di aver "sequestrato" il cane sbagliato, ormai è troppo tardi: l’inquietante custode del palazzo (Byun Hee-bong) ha già trovato la succulenta preda. Come se non bastasse, i latrati continuano e i problemi permangono. Yun-ju deve andare fino in fondo e prelevare il vero quadrupede responsabile del suo sfinimento: da un lato realizza di dover necessariamente corrompere un professore per avere la cattedra, dall’altro rimane risoluto nella convinzione di dover eliminare quel cane. Quando finalmente individua nel chihuahua di un’anziana signora la sua vittima, Yun-ju torna sul tetto del palazzo, senza sapere che da un edificio praticamente dirimpettaio lo stanno osservando – per puro caso – due ragazze: Park Hyun-nam (Bae Doona) tenta l’impossibile per salvare la bestiola e diventare una celebrità su tutti i notiziari coreani, ma arriva troppo tardi. Le tribolazioni di Hyun-nam e di Yun-ju sono comunque destinate ad incrociarsi…
“«Barking Dogs Never Bite» è il mio film più personale. I personaggi, le situazioni e gli spazi che vi appaiono sono tutte cose che al tempo mi erano più familiari e personali. Volevo immergermi completamente in quel mondo e al contempo crearlo in un modo tale da renderlo cinematograficamente godibile.” [Bong Joon-ho]
L’inverno scorso il nome del regista e sceneggiatore sudcoreano Bong Joon-ho è stato sulla bocca di tutti, sull’onda dell'acclamazione pressoché universale per l’eccellente “Parasite”. Laureato in sociologia, Bong Joon-ho sviluppa comunque in gioventù la sua innata passione per la settima arte fondando un club cinematografico universitario – lo Yellow Door – presso il quale organizza proiezioni e realizza i primi corti. Nonostante le pressioni familiari lo avessero fin lì tenuto ben lungi dal voler fare del cinema il proprio mestiere, si iscrive ad un corso biennale alla Korean Academy of Film Arts e comincia a farsi notare con altri cortometraggi. Arriva infine nel 2000 il suo lungometraggio d’esordio “Barking Dogs Never Bite”, sostanzialmente ignorato dal pubblico.
È sicuramente fin troppo facile dirlo vent’anni più tardi, ma è un film che contiene in nuce già diversi elementi costitutivi di quello che sarà il cinema di Bong Joon-ho: si tratta di una commedia nera, il cui humor bizzarro e a tratti perfino cartoonesco trova come contrappunto ideale l’inserimento di altri generi (dramma sociale e venature horror) e degli spunti più disparati per mettere alla berlina i peggiori difetti della società sudcoreana. Nello specifico, in “Barking Dogs Never Bite” troviamo la pressione percepita per trovare una professione di livello, la corruzione in ambito accademico, la frustrazione dei dipendenti in ambito lavorativo, licenziamenti di donne incinte, tentativi di arrampicamento sociale diventando famosi in TV. Tutto questo porta a continue ripercussioni sugli elementi più deboli: i cagnolini, certo, ma anche il guardiano del palazzo e il barbone. Personaggi anch’essi negativi, ma costretti dalle circostanze a nascondersi nel seminterrato, luogo simbolico per eccellenza di sottomissione, umiliazione e rimozione nel cinema di Bong Joon-ho.
“Barking Dogs Never Bite”, ciononostante, è prima di tutto un film di intrattenimento assolutamente divertente, con tanto di numerose scene d’azione e di inseguimenti lungo angusti corridoi, scanditi da una possente colonna sonora free-jazz. Lo stile registico di Bong Joon-ho è molto pulito e non privo di alcuni momenti di alto spessore tecnico, spesso funzionali a veicolare le scene maggiormente demenziali.
Tuttavia, l’esordio di Bong Joon-ho non è esente da alcuni difettucci: innanzitutto, se la ventenne Bae Doona offre una prova già degna di nota, il (co-)protagonista Lee Sung-jae, al contrario, non riesce a dare complessità ad un personaggio fragile e contraddittorio. Va detto, inoltre, che la miscela di generi risulta ancora un po’ meccanica: un ottimo esempio è rappresentato dall’inserimento del racconto su Boiler Kim da parte del guardiano interpretato da Byun Hee-bong. La scena è sì molto riuscita, ma presentata in maniera forzata e fine a se stessa.
Fun fact in chiusura: il titolo coreano di “Barking Dogs Never Bite” è “Peullandaseu-ui gae” e fa riferimento ad un ottocentesco romanzo per bambini originario dell’Inghilterra e curiosamente divenuto assai popolare in Oriente, Corea del Sud inclusa. Si tratta de “Il cane delle Fiandre” ed è stato proposto dalla casa produttrice, visto che Bong Joon-ho era ancora sprovvisto di un titolo definitivo. La trama c’entra pochino, ma quanto a cagnolini ci siamo…
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