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Cane che abbaia non morde

Regia di Joon-ho Bong vedi scheda film

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La recensione su Cane che abbaia non morde

di Peppe Comune
7 stelle

Il sogno di Yoon-ju (Sung-jae Lee) è quello di diventare un professore universitario. I suoi colleghi ci sono riusciti pagando una lauta tangente al rettore. Lui è decisamente contrario a questa pratica, crede che debba bastare lo studio per venire premiati, ma è tentato dal metterla in pratica. Anche perché c’ha una moglie incinta che gli fa sentire tutto il peso della sua precarietà lavorativa. La sua particolare condizione emotiva lo rende particolarmente intollerante all’abbaiare dei cani. Hyeon-nam (Du-na Bae) è una ragazza dolce e sensibile, lavora in un ufficio comunale ubicato proprio nel quartiere dove abita. É spesso fuori però, o dall’amica che gestisce una piccolo emporio o in giro ad aiutare le persone che hanno smarrito i propri cani. Abitano nello stesso caseggiato Yoon-ju e Hyeon-nam, ma non si conoscono, come non si conoscono tra di loro neanche tante delle persone che lo popolano, alcune delle quali davvero strambe : c’è un barbone che vive rintanato nei sotterranei del caseggiato e ama cibarsi di cani fatti allo spiedo, c’è il custode dello stesso che nei sotterranei si è attrezzato per prepararsi con la carne di cane dell’ottimo stufato e, infine, c’è un’anziana signora che vive un rapporto totale col suo piccolo cane.

 

http://www.asianfeast.org/wp-content/gallery/films/barkingdogs_pdp.jpg

Barking dogs never bite - Sung-jae Lee e Du-na Bae

 

“Barking dogs never bite” segna l’esordio alla regia di Joon-ho Bong, un film che oscilla tra venature horror (basti pensare all'ambientazione tetra dei sotterranei del palazzo e ai rumori che li popolano, a cui si associa la storia “terrificante” di Boiler Kim, un tecnico delle caldaie che per aver scoperto le speculazioni edilizie dei costruttori venne ucciso e murato dietro una parete della sala caldaie) e situazioni tragicomiche, con gli ordinari intrecci umani e sentimentali a fare da fulcro alla struttura narrativa e il dramma della precarietà emotiva a rappresentarne lo sfondo sociale fondamentale. In “Barking dogs never bite” sono già presenti tutti i tratti tipici della poetica dell’autore sudcoreano, sia la continua mescolanza di generi dosati con pregevole senso narrativo, che quel modo di insinuare nella rappresentazione di disagi particolari dei moventi causali che hanno radici più ampie e complesse. La didascalia che apre il film avverte che le “performance degli animali presenti nel film sono state realizzate in presenza dei loro addestratori e di un’equipe di veterinari specializzati”, si, perché nell’immenso caseggiato fatto di vani tutti uguali, di colori sbiaditi e rumori che rimbalzano dai pianerottoli fino ai sotterranei come schegge impazzite, i cani sono fatti oggetto di attenzioni particolari e investiti senza volerlo degli umori mutevoli delle disgrazie altrui. Per certe persone, i cani sono buoni solo per essere cotti a puntino, per altri, sono l’unico amico che si ritrovano, l’unico appiglio contro i demoni della solitudine. Per Yoo-ju, i cani diventano, da fedeli animali da compagnia, un elemento che acuisce il suo stato di aperta frustrazione emotiva, come se tutto l’amore accordato ai cani riflettesse per contrasto la passiva accettazione di ogni ingiustizia sociale che l’uomo è costretto a subire. Per Hyeon-nam, invece, i cani scomparsi che i padroni chiedono di essere ritrovati, gli offrono la possibilità di appagare il desiderio innato di sentirsi utile socialmente. I due vivono nello stesso quartiere alla periferia di Seoul e si conoscono solo quando scompare “Amorino”, il barboncino che la moglie di Yoo-ju ha comprato per fargli un dispetto. Hanno modo di nutrirsi insieme nello specchio della stessa inadeguatezza sociale e di scambiarsi qualche accenno di adesione emotiva : che la vita può essere affrontata anche con più coraggio ed ottimismo l’uno, che le cose non sempre vanno come i desideri più rosei lasciano trapelare l’altra. Ma così, in maniera del tutto fortuita e dagli sviluppi tutti da decifrare, perché Yoon-ju e Hyeon-nam sono due anime a disagio in un mondo sordo ai richiami della loro silenziosa sofferenza, fagocitati in un universo urbano grigio e anaffettivo che stempera i rumori dell’abbandono nei sottofondi tetri della periferia cittadina. Joon-ho Bong mostra la superficie e ci parla delle profondità, presenta il grottesco e ci architetta il dramma, pedina disagi sociali particolari e sottintende l’intero paese come loro palcoscenico naturale. I cani abbaiono, ma non mordono, loro sentono tutto e vedono ogni cosa, prima di chiunque altro. Per quasto sono ancora più indifesi.

 

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