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Blood and Bones

Regia di Yoichi Sai vedi scheda film

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La recensione su Blood and Bones

di joseba
8 stelle

1923-1984: 61 anni di vita della comunità coreana in Giappone, capeggiata dal leader Kim Shunpei (Takeshi Kitano). Appartenente alla seconda generazione coreana di cittadinanza giapponese, Sai Yoichi (classe 1949) adatta il romanzo autobiografico dello scrittore Sugiro Yan, anch'egli di origine nippocoreana, mettendo in scena sei decadi della discriminata comunità coreana ad Osaka. Una vita fatta di omologazione coatta all'ideologia imperialistica nipponica e di segreta ammirazione per l'orgogliosa indipendenza della Corea del Nord, meta finale o potenziale di molti coreani trapiantati in Giappone.Il nucleo di immigrati si raccoglie intorno alla dispotica figura di Kim Joon-pyong/Kim Shunpei (Kitano), padre padrone che assoggetta e prevarica tutti i membri della sua famiglia, facendosi temere per la cattiveria. Ma la crudeltà, come spesso accade, si mescola alla rispettabilità, facendo di Kim e della sua fabbrica di Kamaboko (polpette di pesce) il punto di riferimento della comunità tutta. Esaurita la vitalità commerciale dell'attività, Kim si dedica al prestito ad usura, dando libero sfogo alla sua capacità di incutere timore e alla sua avidità, che esercita anche nella vita privata passando per consunzione da una donna all'altra. Un autentico demonio. A questa figura di prepotente carismatico Kitano dà un'esistenza filmica imponente, intessendo la propria interpretazione di occhiate e pose staticamente minacciose strappate da feroci accessi d'ira in cui, armato di un tozzo manganello, percuote furiosamente qualunque cosa e persona gli capiti a tiro. E' una prova letteralmente titanica quella di "Beat" Takeshi, perfettamente a suo agio nell'alternare annichilente fermezza, martellante violenza e ghignante soddisfazione: il volto impassibile dell'autorità.Sai Yoichi gira con un rigore cartesiano che azzera la partecipazione: inquadrature inflessibilmente frontali, millimetriche carrellate laterali, campi medi algebrici. Un linguaggio filmico che smorza la flagranza della violenza fisica e mentale nella gelida esattezza delle traiettorie: la prima visione è respingente e ostica come un teorema, la seconda di un dolore struggente letteralmente insostenibile. L'emozione, come l'identità, è una conquista.

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