Regia di Renzo Martinelli vedi scheda film
Per una mia personale classifica, non so decidere se considerare come peggior regista italiano Roberto Faenza oppure Renzo Martinelli, anche se, considerata l’opera omnia dei due registi, propendo per quest’ultimo. Questo Carnera è talmente pieno di stereotipi abusati e vietamente melodrammatici da lasciare senza parole. Perfino le sequenze rallentate, che in un film di argomento sportivo sono ormai un must, sembrano distribuite a casaccio. Del contesto storico, poi, non c’è niente o quasi. Per quanto riguarda l’interpretazione, almeno in questo, Martinelli è coerente, perché sceglie per i ruoli dei protagonisti attori di suo pari, cioè totalmente incapaci, come Andrea Iaia e Anna Valle, della quale si nota soltanto il bianco dei denti. Pur rifacendosi ad una vicenda che avrebbe potuto avere sviluppi cinematografici interessanti, Martinelli si attiene ad un rigorosissimo canone del risaputo e del già visto: tutto quello che si vede sullo schermo è già stato detto, prima e meglio, da decine di altri film, non ultimo quel Rocky (cui rimanda la presenza nel cast di Burt Young), che in confronto a questo Carnera sembra un capolavoro immortale del cinema. Non contento, Martinelli si toglie pure lo sfizio di paragonare i giornalisti e i critici (parla di boxe, ma si capisce il riferimento a chi ha sacrosantamente stroncato i suoi film precedenti) a degli eunuchi invidiosi: per mantenere viva questa “metafora”, se i critici sono come eunuchi invidiosi, certi registi – e in specie quelli che realizzano film come questo – somigliano molto a quei maschioni che si vantano delle loro avventure erotiche con le prostitute.
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