Regia di Ottavio Fabbri vedi scheda film
La F1 degli anni settanta con qualche divagazione storica ci viene raccontata dalla viva voce dei piloti più famosi di quella decade intervistati dalla bella Sidne Rome, sono coinvolti anche uomini di cinema come James Coburn e Gene Hackman che in tuta da gara introduce l'argomento degli incidenti immancabili in quel periodo: secondo Gene gli incidenti sono spesso segnati dalla casualità e dalla sventatezza di alcuni addetti alla pista.
E' proprio il caso del truculento incidente che causò la morte di Tom Pryce in Sud Africa nel '77, le immagini di repertorio sono davvero scioccanti e i deboli di stomaco potrebbero ritrovarsi ad occhi chiusi perché lo sfortunato pilota della Shadow travolse a circa duecentosettanta all’ora un improvvisato addetto alla sicurezza di appena diciannove anni che come si nota dalle immagini fu letteralmente aperto in due, le gambe che si staccano dal corpo e le budella che volano ovunque si distinguono chiaramente, era talmente dilaniato che per capire chi fosse degli addetti alla pista andarono per esclusione.
L’estintore che il pompiere investito portava con se colpì in pieno volto Pryce sfondandogli il cranio, l’impatto fu così forte che l’estintore fu ritrovato al di la delle tribune nel parcheggio, la macchina con il corpo esanime del pilota proseguì per un altro chilometro circa rischiando una collisione con Laffite per poi finire la sua corsa contro le protezioni a bordo pista, le foto del pilota ricoperto di sangue evidenziano la violenza dell’assurdo incidente causato dalla superficialità di organizzatori inesperti.
Le interviste della Rome proseguono con il pilota più rappresentativo di quegli anni cioè Niki Lauda che era sopravvissuto ad un pauroso incidente al Nurburgring nel ’76 per l’intervento di tre coraggiosi piloti che lo estrassero dalla vettura in fiamme, con il volto in parte deturpato il mitico pilota austriaco ( che ci fa notare la voce narratrice di Pino Locchi ha rilanciato questa disciplina in un periodo di stanca) ci racconta la sua esperienza fra la vita e la morte e come la collaborazione fra i medici e la sua voglia di vivere lo abbia riportato a montare in auto solo una manciata di settimane dopo l’incidente, è interessante ascoltare il resoconto del campione e di sua moglie per capire quanto di vero ci sia nel film “Rush” diretto da Ron Howard riguardo a questo tratto della carriera di Lauda che identifica James Hunt come il pilota al quale è più legato: “Un bravo ragazzo” ci dice Niki, altro punto a favore del film di Howard che evidenza chiaramente affezione e rivalità fra i due campioni.
Oltre alle preziose interviste sono immancabili le immagini di repertorio, che alternano vittorie e delusioni di piloti e costruttori, il circuito salotto di Montecarlo affascina sempre con le sue curve cittadine fra yacht e ricconi giunti da ogni dove ma c’è anche chi a bordo pista riesce ad addormentarsi cullato dal rombo dei motori, il montaggio delle immagini di repertorio con la Tyrrell a sei ruote le Ferrari e le McLaren riprese da tutte le angolazioni del principato scatena l’effetto nostalgia più sincero per un periodo della F1 mai dimenticato e sempre accattivante per non parlare delle prime apparizioni di Montezemolo sui circuiti: proprio a Montecarlo la sua esplosione di entusiasmo a bordo pista per la Ferrari che trionfa viene sopita da un commissario di pista ricompensato con un destro in pieno volto da parte del buon Luca Cordero, che tempi!
Le divagazioni extra F1 hanno il loro punto forte nella incredibile corsa contro il tempo di Craig Breedlove nel lago salato di Bonneville nello Utah, dove cercò di battere il record di velocità terrestre su un auto missile a tre ruote: la sua vettura a reazione perse il paracadute a metà percorso mandandolo nel panico con i tecnici che osservavano l’impresa consci che l'unico dispositivo frenante era letteralmente volato via.
Breedlove oltre a stabilire il nuovo primato si salvò fermandosi in uno specchio d’acqua dove temette di annegare, sconfisse la morte e il tempo in un colpo solo grazie anche ad una abbondante dose di fortuna che invece mancò alla lunga lista di piloti morti in auto ricordati nello scorcio finale del film.
L’incidente a Roger Williamson è la faccia triste delle corse e la copia tragica dell’episodio capitato a Lauda al Nurburgring: l’auto ribaltata e in fiamme del pilota britannico fu ignorata da molti piloti tranne che da David Burley suo grande amico che cercò in ogni modo di rovesciare la carcassa e liberare Williamson imprigionato, ma invano, neanche l’uso degli estintori sopì le fiamme e l’ostinazione di Burley che fu allontanato dai commissari di corsa consci di come non ci fosse pù nulla da fare, il suo atto di coraggio e la sua disperazione a pochi metri dal rogo che portava via un amico sono immagini emotivamente fortissime ancora oggi, soprattutto oggi, in un tempo dove non bastano tutti i soldi del mondo per comprarti un vero amico.
Memorabile l’ultima battuta di Lafitte che risponde alla domanda “Perché corri in macchina? – Per divertirmi, per guadagnar bene, PER NON LAVORARE!”.
Come in “Turbo time” la struttura è abbastanza grossolana però c’è più spazio per la F1 come enuncia il titolo e la presenza di Sidne Rome con la sua femminilità è un punto a favore, non a caso Andretti le dice che dopo tanti successi vorrebbe conquistare il suo cuore, mentre Ugo Tognazzi da lei intervistato dichiara che le auto non lo eccitano tanto, ma le donne si.
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