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King of New York

Regia di Abel Ferrara vedi scheda film

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La recensione su King of New York

di Baliverna
6 stelle

Il capo di una banda di trafficanti esce di galera, e si scatena una guerra spietata tra bande e componenti del clan. Acido solforico nel caffè.

Essendo un film di Abel Ferrara mi aspettavo un buona dose di violenza, di criminalità, di droga e di disperazione, e non mi sono sbagliato.

Non è il mio genere, certo; al d là di ciò, l'ho trovato abbastanza convincente fino circa a metà: c'è una trama, dei personaggi, delle interessanti annotazioni sul mondo del traffico di droga, dei dialoghi non male. Poi mi pare che il filo si aggrovigli: ci sono un paio di azioni confuse (anche perché al buio), la trama sfugge di mano come un anguilla, e presto ci troviamo in un turbine dove facciamo fatica a tenere in mano il bandolo della matassa, chi uccide chi, chi è contro chi.

Il criminale protagonista (Walken) presenta nel suo carattere una curiosa aporia, tra spietatezza, ambizione, vendetta, e tentativo di bontà, senza che peraltro egli percepisca il minimo contrasto tra il finanziare l'ospedale e l'uccidere il vecchio trafficante italiano per una parola di troppo, e il fare fuori tutti gli altri concorrenti, compresi i poliziotti, che gli danno la caccia. Come il soggetto e la sceneggiatura configurino questa doppia morale dentro di lui non sono riuscito a capirlo. Tracce di questa morale strabica le vediamo anche nel tirapiedi più sbruffone di tutti, quando dà del denaro ad una famiglia povera in rosticceria. Per tutti costoro, la vita umana vale meno di una sigaretta o una tirata di coca, la vita degli altri e la propria, e non si capisce quindi perché certi bisognosi vengano da loro aiutati. Addirittura il protagonista pronuncia in una scena “Voglio fare qualcosa di buono nella vita”, pensando all'ospedale (tra un omicidio e l'altro, s'intende).

Il finale vede un annichilimento generale, come spesso nei film di Ferrara (mi ricordo il finale di “Fratelli”; una soggettiva di una salma mentre si chiude il coperchio della bara). I film di Ferrara non mi lasciano molto; praticamente mi fanno solo stringere lo stomaco.

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