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Il Divo

Regia di Paolo Sorrentino vedi scheda film

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La recensione su Il Divo

di steno79
9 stelle

Forse il miglior film di Sorrentino a tutt'oggi, probabilmente quello dalle invenzioni registiche più originali e sfolgoranti, superiori in termini cinematografici al successivo e più famoso (almeno all'estero) "La grande bellezza". Un film su un personaggio-chiave della storia recente italiana come Giulio Andreotti era sicuramente un azzardo, tanto che il diretto interessato all'epoca lo prese male, come una "mascalzonata", anche se a mio parere Sorrentino racconta Andreotti in una chiave abbastanza simpatetica, non priva di empatia al di là della maschera grottesca, tanto da rendere ingiustificata la reazione di rigetto da parte del senatore. L'importante è non aspettarsi una cronaca realistica o una ricostruzione scolastica, poiché Sorrentino sceglie un approccio da film-inchiesta alla Elio Petri iniettandovi tocchi visionari ed espressionisti. Certo, è un film che richiede una conoscenza della materia a livello politico per essere compreso agevolmente, tanto che gli spettatori stranieri potrebbero facilmente perdersi nei meandri di alcune sequenze, ma questo non può essere addebitato come un difetto, è solo una precisa scelta di sceneggiatura. La regia risulta spesso audace, coraggiosa nella sua versatilità, coerente con il percorso del regista che non rinuncia alla stilizzazione delle immagini, a movimenti di macchina spettacolari, angolazioni esasperate e una colonna sonora ricercatissima firmata da Teho Teardo. Qualche perplessità su alcuni momenti del film dove il personaggio risulta un po' troppo simile ad un Nosferatu sentenzioso in salsa grottesca, anche se il consumato mestiere di Servillo gli impedisce di scivolare nella facile caricatura. Tra le scene di maggiore impatto, Andreotti che guarda la televisione insieme alla moglie con Renato Zero che canta "I migliori anni della nostra vita" e il famoso monologo sulla necessità di "fare il male per preservare il bene", dove l'eloquenza di Servillo è comunque straripante. Tra i caratteristi, buone prove di Anna Bonaiuto come moglie e Piera Degli Esposti come segretaria, un Carlo Buccirosso che dimostra di essere qualcosa in più della spalla di Salemme nelle sue farsette da quattro soldi, un Flavio Bucci di sottile istrionismo e un Giulio Bosetti somigliantissimo a Eugenio Scalfari. Luca Bigazzi si conferma come il miglior direttore della fotografia italiano della sua generazione con i suoi quadri iperrealisti e il montaggio di Cristiano Travaglioli mantiene alto il ritmo fino alla fine. Per me, una riprova di vitalità del cinema italiano che, talvolta, riesce ancora a pensare in grande.

voto 9/10

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