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Il Divo

Regia di Paolo Sorrentino vedi scheda film

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Enrique

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La recensione su Il Divo

di Enrique
8 stelle

Il divo, alias Giulio Andreotti, fu - nel bene e nel male - il più importante uomo politico italiano della 2°metà del XX secolo (è infatti oramai quasi tempo di parlare al passato - addirittura - remoto, visto che la sua influenza politica è, per fortuna aggiungerei io, in fase calante da un pezzo). Innumerevoli volte ministro (della difesa, degli affari esteri ecc.), ben 7 volte 1°ministro (anche se di Governi spesse volte debolissimi) e, per giunta, ad un passo dal Quirinale (ci è voluta la strage di Capaci per scongiurarlo).

Dunque il sospetto di un suo coinvolgimento - anche solo indiretto o passivo - nei più arcani ed oscuri misteri degli ultimi decenni della cd. 1°repubblica è certamente legittimo (anche perché i servizi segreti - quelli sì per certo coinvolti in più occasioni - nel ‘77 erano stati incorporati stabilmente nell’organigramma ministeriale).

Ma non è questa la sede (né potrei farlo io) per ripercorrere analiticamente la cronaca nera più eclatante di quegli anni. Né, mi pare, ciò sia stato fatto da Sorrentino con questo film, che pur abilmente ricostruisce la scia di sangue che ha indelebilmente macchiato quel periodo (e lo fa coordinando in maniera pressoché perfetta sequenze scioccanti di immagini con le musiche ben ritmate composte da Teho Teardo) e che pure sceglie provocatoriamente di attribuire ad Andreotti un monologo-confessione; una liberatoria, incondizionata assunzione di responsabilità (politica, sia chiaro; non certo giudiziaria) che però ha più il sapore dell’immolazione sacrificale del capro espiatorio (perchè catalizza su di sé tutti gli insuccessi dello Stato e della sua giustizia per assolvere da ogni responsabilità tutti gli altri, spettatori e non).

 

Piuttosto il regista campano ha voluto accendere i riflettori sui rapporti che Andreotti ha intrattenuto, durante gli ultimi anni della sua vita politica attiva, in particolare:

1) con la sua corrente (c.d.andreottiana). Stupefacente, al riguardo, la scena dell’ingresso - a casa dell’attuale senatore a vita (a suon di fischiettii che tanto ricordano le musiche di Morricone in alcuni celebri Spaghetti Western) - dei suoi più fedeli e “illustri” esponenti; cosiccome divertentissima è pure la grottesca caricatura (spero infatti che quelli rappresentati non fossero i suoi reali costumi) dell’”onorevole” Paolo Cirino Pomicino.

2) con i contestatori, nei cui confronti sembra che il divo Giulio sapesse molto bene come comportarsi: nei casi più innocui, buttandola sull’ironia (forse la sua arma più nota, ma, alla lunga, irritante pure per sua moglie). Nei casi più delicati e fastidiosi, sfoderando gli artigli: cioè avvalendosi del fior fiore degli avvocati (quando si trattava di difendersi nei canali ufficiali); ovvero menzionando il suo leggendario archivio privato (quando si fosse potuto difendere sfruttando canali ufficiosi).

3) con il Potere; certo gravoso e opprimente (il fantasma di Moro forse lo perseguiterà fino alla tomba), ma, a quanto pare, sembra sia stata l’unica cosa ad averlo tenuto in vita (lui, Giulio Andreotti, di cui tutti pronosticavano la scarsa longevità). D’altronde - diceva lui, col suo solito proverbiale sarcasmo - “il Potere logora chi non ce l’ha”, battuta celeberrima e pur tuttavia l’unica, curiosamente, assente in un film che ha fatto della rappresentazione del Potere e dei suoi paradossi il suo cavallo di battaglia.

 

Infine un ultima parola a difesa delle scelte del regista/sceneggiatore: è pur vero che il film pecca di una cripticità così astrusa da rendersi quasi incomprensibile al pubblico straniero (e, prima ancora, alla stessa stampa specializzata estera). Ma il fatto è che - a mio avviso - questo film sembra piuttosto dedicato a noi italiani; a noi che da tempo soffriamo di un grave male: l’indifferenza e l’oblio di tutto ciò che è stato di più nefasto in quegli anni insanguinati che però furono alla base della traballante 1°repubblica. E il fatto che i produttori cinematografici nostrani per una volta abbiano ignorato le sirene del box office, per investire, con coraggio, in un prodotto di qualità avente tali pretese è francamente incoraggiante.

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