Regia di Paolo Sorrentino vedi scheda film
Dopo tre film Sorrentino decide di giocarsi il jolly, decide cioè di dedicare un film alla figura di Giulio Andreotti il politico più discusso e discutibile prima di Craxi e di Berlusconi. La scelta del regista di alternare la cronaca realistica dei fatti ( a partire dalla formazione dell'ultimo governo Andreotti fino all'inizio del suo processo di Palermo ) ad un registro grottesco di fondo non solo è per me geniale, ma appare probabilmente come l'unico modo di rappresentare una maschera del potere come quella del Divo.In altri termini il cinema di Rosi deve incontrare quello di Petri, l'indagine deve incontrare le mani sulla città. Quello che oggi rimane della figura del politico è infatti la sua ambiguità , il suo freddo cinismo, alimentato dalle sue battute elusive che dicono tutto senza dire niente e che di fatto segnalano il disprezzo che l'uomo ha per il popolo. Meno mediatico di Berlusconi e meno nani e ballerine di Craxi, Andreotti non è stato meno feroce nella ricerca del potere e della sua conservazione. L'entrata in scena della corrente andreottiana è straordinario, una sporca mezza dozzina, un mucchio selvaggio che avanza strafottente senza ostacoli politici e morali verso la propria affermazione. A differenza della figura di Aldo Moro, che aleggia su tutto il film e che è stata raccontata dal cinema in modo tragico, cronachistico e cupo, la sua figura non è ambigua è vittima di un periodo storico ( gli anni di piombo ) e anche agnello sacrificale del suo stesso partito ( dc ) come viene fuori anche in questo film. In questo senso il cinema ci dà la distanza iconografica tra i due: Moro è martire suo malgrado la cui colpa è quella del compromesso storico; Andreotti è contro il compromesso storico è colui che come afferma nel film, sa molto più di Moro e che sa che il suo sangue ricadra anche su di lui. Andreotti è l'uomo dei compromessi con la mafia, con la chiesa, è l'uomo che appoggia la strategia della tensione ( che lui chiama di sopravvivenza ), filoamericano che in russia dorme sotto il ritratto di Marx.
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