Regia di Paolo Sorrentino vedi scheda film
Sorrentino omaggia l'Italia di uno dei pochi capolavori nazionali degli ultimi anni, lo fa dedicandosi al periodo complesso e travagliato della fine della prima Repubblica e focalizzandosi su G. Andreotti, uomo politico-monumento, in un film ambiguo, birbante, aguzzo nella dimensione pubblica come tenero in quella privata, discutibile e aperto, sommesso, di qualità e originalità formale di spicco, estetizzante, polivalente come il suo soggetto e il suo "immortale" protagonista. Sorrentino non ha nascosto qualche piccola analogia con un altro capolavoro di argomento prevalentemente politico-etico, molto più acido e grottesco, nonché stilisticamente diversissimo: Todo modo di Elio Petri. Ovviamente qui grandeggia tra gli attori Toni Servillo, oltretutto truccato benissimo, ma non si può dimenticare il resto dell'ottimo cast, con menzione speciale per Carlo Buccirosso, un Paolo Cirino Pomicino indimenticabile e "follettistico": immagini come la corsa con annessa scivolata verso la mdp restano indelebili dalla prima visione. Ma gli esempi visivi sono numerosi.
Spesso splendida la scelta musicale, da A. Vivaldi (la traversata leggiadra di Andreotti lungo i grandi corridoi con l'incontro da western con il bianco micione persiano), a G. Fauré (struggente), a C. Saint-Saens, a J. Sibelius (epico). Brani originali di Teho Teardo e canzoni pop. Sui titoli finali anche la canzone Da da da, che forse avrà qui un fine ironico, ma verso cui personalmente non posso nascondere conati di vomito e disgusto indescrivibile.
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