Regia di Paolo Sorrentino vedi scheda film
Deludente. Confuso. Ipertrofico. Sarà che ero rimasto estasiato dal precedente film di Sorrentino (il quasi-capolavoro "Le Conseguenze Dell'Amore")...fatto sta che mi aspettavo di meglio. Anzi, di meno. Sì perchè il problema del Divo non è certo la banalità (difficile trovare nel panorama italiano, escluso il recente Caimano di Moretti, un film grottesco su di un personaggio politico considerato "cattivo" dalla gran parte del pubblico; in Russia, con il film Moloch, ci ha provato su Hitler il grande Sokurov, con ottimi risultati) e nemmeno la carenza di inventiva estetica (nel Divo, ci sono momenti puramente visionari al limite del simbolismo: uno per tutti, lo skateboard che irrompe a Palazzo Chigi); il problema del Divo è l'esatto opposto: cioè l'eccesso. Eccesso di personaggi, di parole, di immagini, di movimenti di macchina, di inquadrature, di brusche inversioni stilistiche, di musica, di situazioni, di contenuti: c'è davvero troppo carne al fuoco e il risultato è un film che contiene sì momenti memorabili e spaccati grotteschi e desolati della vita politica italiana, ma manca quell'omogeneità, quell'equilibrio, quella misura, quell'asciutezza, qualla capacità di lavorare per sottrazione che aveva fatto delle Conseguenze Dell'Amore un film lucido e in sostanza riuscito. Nel Divo, si ondeggia tra espressionismo e surrealismo, Quarto Potere e L'Ora Di Religione, senza riuscire a cogliere nel segno. L'interpretazione ancora una volta encomiabile di Servillo non basta ad evitare che il ritratto di Andreotti appaia come inevitabilmente sfocato.
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