Regia di Paolo Sorrentino vedi scheda film
Aprile 1991: l'Onorevole Giulio, con la sua "brutta corrente", è per la settima volta al governo del paese. Da qui si snoda l'andirivieni tra presente e passato del premier (dal rapimento Moro agli incontri con la mafia sul finire degli anni '70 agli omicidi Pecorelli, Ambrosoli e Calvi all'abbraccio con Totò Riina).
Mi limito a dire (e in fondo credo sia questo il trattamento meritato dal film) che il registro del grottesco frequentato da "Il divo" è di una grossolanità e di una coercizione assolute. Sorrentino predilige l'enfasi. L'enfasi è fascista. A differenza di "Gomorra", la cui politicità risiede proprio nel neutralizzare i cascami giudicanti del romanzo di Saviano per riscoprire la (dis)umanità della realtà descritta ("la realtà è il solo testo possibile da mettere in scena"), "Il divo" riproduce, spacciandolo per rabbuffo, lo stesso linguaggio del sistema che intende criticare e attaccare. Non confondere mai l'enfasi con la distruzione.
Voto: 5
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