Regia di Alessandro Baricco vedi scheda film
Lo ascoltava anche l’Alex di Arancia Meccanica il Ludovico Van. E grazie alla “cura Ludovico” avrebbe dovuto provare disgusto per la violenza. Citato, utilizzato, ritratto, il grande Ludwig, anche nell’opera prima di Alessandro Baricco. Niente a che vedere con i precedenti Amata immortale o Io e Beethoven. Il musicista si vede una volta sola e di spalle. Lo scrittore usa un suo personaggio, l’inglese professor Kilroy (John Hurt), ne ricostruisce la Lezione ventuno, quella in cui distruggeva la Nona Sinfonia, per spiarne le debolezze nascoste e scoprirne nuova bellezza. Come in Jumper, ci troviamo catapultati dalle bianche nevi del Trentino (portati per mano dal violinista Noah Taylor di Shine), alla Vienna del 1824, dove incipriati parrucconi vengono intervistati a proposito di Rossini e Beethoven. Ci vogliono una trentina di minuti per accettare la compresenza di così tanti narratori, la prima immagine per amarne l’affascinante visionarietà. Spariscono gli orchestrali sul ghiaccio, una musica sublime prende vita dallo scalpiccio degli zoccoli dei cavalli. Greenaway sta a guardare, e - quando la fanciulla avrà fatto 54 passi - Baricco sarà riuscito a porgere al largo pubblico la musica e il suo autore.
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