Regia di Alessandro Baricco vedi scheda film
Indiscutibilmente Baricco è un uomo di grande intelligenza, anche al cinema mi sembra aver svolto un egregio lavoro sebbene non abbia capito esattamente dove volesse arrivare (non so neppure io perchè il film, se non piaciuto, non mi sia "dispiaciuto"). Aiutandomi con quello che ho letto nel suo libro "I barbari", arguisco che abbia inteso tracciare anche qui il disegno che secondo lui individuerebbe una mutazione attualmente in atto.
Nelle parole dello stesso Baricco, alla Nona accadde "un pò quello che è successo alla Gioconda, al Partenone, per fatti alle volte aleatori, alle volte di carattere politico, alle volte sono più di scontro culturale fra sette diverse, e poi assurta a monumento di proporzione immane e l'effettiva bellezza, o il valore, o l'equilibrio conta poi abbastanza poco perchè a questo punto è assai più rilevante il suo significato".
"Questo significa che sia stata sovrastimata? Non lo so, il professore nel film ogni tanto lo dice"..."E allora vai a capire veramente cos'è successo..."
Baricco sembra lui stesso incerto, ma il film mi sembra essere molto a favore di questa ipotesi di sopravvalutazione. Si batte molto sul tasto del "fuori moda", sarebbe stato questo a scatenare la volontà di Beethoven di riscattarsi con un'opera tesa più che altro a stupire. Ma non credo che Baricco abbia voluto parlare della Nona, quanto tratteggiare attraverso la sua storia una specie di critica - mi baso su quanto ho capito del libro "I barbari" - dell'atteggiamento cristallizzato di una fetta della società che si rifà a valori e morale di un ben individuabile gruppo di persone (chiamale sette, gruppi, tendenze). Secondo Baricco, in detto libro, saremmo forse ora di fronte ad una mutazione, quale quelle causate dall'incontro di una civiltà già cristallizzata con un gruppo "barbaro" appunto. La faccio breve perchè oltretutto - secondo me - l'idea di Baricco è appena tratteggiata, lui stesso mi pare considerarla semplice ipotesi e neppure esprimerla con chiarezza. Oggi, insomma, saremmo di fronte ad una mutazione, i nuovi barbari sarebbero i giovani dei quali con troppa furia - chi lo sa? - condanniamo l'operato rifacendoci inconsciamente a modelli decisi per noi da altri (appunto i gruppetti che hanno deciso, per esempio, il destino della Nona). Interroghiamoci su noi stessi, ci ammonisce Baricco, prima di crederci tanto superiori a chi al nostro occhio "viziato" dalla tradizione appare come "barbaro". Se un ragazzo - dice Baricco - ci appare superficiale nel saltare da un argomento ad un altro senza approfondire nulla - e chi non ha mai rimproverato l'apparente superficialità del proprio figlio quando scrive al computer, legge un libro, chatta, ascolta un brano tutto allo stesso tempo, richiamandolo agli antichi valori? - potrebbe essere un nuovo modo di conoscere in cui la velocità sostituisce la profondità , in cui colui che conosce è simile al surfista che saltando da un'onda ad un'altra traccia una traiettoria (e proprio in tale traiettoria, nel disegno finale di tante superficiali traiettorie se ho ben capito, sta l'arcano disegno dei mutanti) e non al minatore che scava scava per arrivare in profondità; questa della profondità - secondo Baricco - sarebbe un'idea introdotta quando alla nobiltà subentrò la borghesia etc etc. con il relativo cambio di valori, e fu allora che la profondità divenne un valore - a causa della nuova morale di un gruppo ben preciso, ed oggi avremmo incosciamente fatto nostro questo valore. Lode sia quindi ai barbari sempre portatori di una novità - vedi la birra o il vino americani - basata però sul preesistente, infatti i barbari sono civilissimi, non distruggono senza pietà, ma modificano l'esistente. Quindi, forse oggi ci si deve rassegnare all'evidenza, un "basta" alla vecchia profondità - conoscere tutto Dostoievski, tutto Dickens, tutto Beethoven per rimanere in tema - basta un leggero sguardo a ciascuno, per poi realizzare il disegno delle veloci traiettorie che sembrerebbe trasparire ad occhio che vede. Baricco si riferisce al mondo occidentale, per lui l'Oriente sembrerebbe non esistere - avrà idea di cosa intenda un orientale per "profondità"? Ne dubito. Comunque, tutte queste idee traspaiono dal suo film, addirittura il professor Killroy dopo aver demolito il mito della Nona pur riconoscendo che il "vecchio" - ma si può?- Beethoven (che mori' a 57 anni, mentre Haydn arrivò all'ottantina) sparò ancora i suoi colpi con gli ultimi Quartetti per archi (nel finale si ode il Quartetto in la minore op.132, in un arrangiamento del grandissimo violoncellista Mario Brunello che ne esegue pure la parte del suo strumento) - ora , ormai vecchio e al quale i suoi studenti sono tutti grati sebbene non si capisca in quale maniera la Nona di Beethoven sarebbe stata sopravvalutata - "passa il tempo a studiare la musica dei neri americani, convinto che in essa sia nascosta tutta la musica del mondo". E qui, sui titoli di coda, attacca il traditional "If You Pray Right (the Heaven Belongs to You)" cantato da Nina Simone, che ho avuto finalmente occasione di ascoltare in qusto pezzo che alle mie orecchie suona veramente stonato, fastidioso, una "Aretha Franklinata", diciamo cosi', cui il geniale professore, per motivi a me ignoti, sembrerebbe dunque essere tanto interessato... tutto sommato, forse l'iter del professore assomiglia a quello dello stesso Baricco in "I Barbari", con questo spiccato interesse per questo divino contenitore di tutta la musica del mondo. Poi, riattacca l'Adagio della Nona (grazie a Dio) che in tutto il film appare a stralci, diretta da Cladio Abbado, a mio giudizio discretamente diretta e niente più (passati i bei tempi di Walter, Furtwangler, Celibidache, Klemperer). C'è anche il tempo lento della Sonata n.3 in DO op.2 n.3, un capolavoro del primo Beethoven, anch'esso a mio avviso non granchè suonato da Andras Schiff (ma si ode appena appena in sottofondo).
Anche se Beethoven avesse scritto una sinfonia di non eccelso valore, la grandezza del musicista non ne sarebbe minimamente attaccata, superfluo dirlo.
Secondo Sri Aurobindo (ma non ho le parole qui davanti) o la sua allieva Mere (non ricordo chi dei due) esistono nelle sfere sopraelevate della coscienza umana dei percorsi melodici ed armonici, cui solo pochi Grandi sono riusciti ad accedere ed in modi differenti. Mette anche la Nona Sinfonia fra queste opere di livello superiore, descrivendone una specie di discesa nel piano terreno dai piani divini.
Personalmente, non conosco la Nona al punto da esprimere anche solo un giudizio di gusto, non ne sono mai stato attratto, francamente non capisco quell'inizio che molti definiscono come il suono primigenio etc.
Shostakovich ne dice meraviglie, con un'unica piccola critica che poteva permettersi proprio uno come lui, nel quale a fatica riconoscerei un prodotto della nostra alta civiltà occidentale:
"Come vorrei ascoltare la Nona di Beethoven. E' una sinfonia unica, insuperabile. Ricorda com'è il primo movimento? un caos, un autentico caos. Una cosa che freme, scuote, e fa drizzare i capelli in testa. Il terzo movimento mi piace meno e mi imbarazza, letteralmente mi imbarazza ascoltare questo (segue esempio musicale). Non capisco l'effetto dei patetici accordi dei primi violini con le fanfare delle trombe e dei corni. Ma tutto questo si riscatta nel finale". (Shostakovich, Trascrivere la vita intera, Lettere 1923-1975, a cura di E. Wilson, pag.77, il Saggiatore)
Ora, ci penserei due volte prima di riferirmi alla Nona come ad un'opera "inventata" da un gruppo che l'avrebbe presa a manifesto ben al di là del suo valore.
Purtroppo a Baricco riconosco solo un grande intelligenza, non certo le capacità di penetrazione delle varie sfere di realtà che, a quanto pare, furono proprie di Aurobindo, Mere e altri come loro.
Dei tre giudizi riportati, il suo mi pare il meno significativo per ovvie ragioni.
Credevo peggio, visivamente mi è piaciuto...
Beethoven poteva anche essere trattato meglio... Brunello e il suo Quartetto spiccano sugli altri, a mio parere. Mario Brunello è, a mio avviso, uno dei migliori musicisti/violoncellisti al mondo.
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