Regia di Olivier Marchal vedi scheda film
Film che si fa (fin troppo) seguire, estremamente carico ed estremista nel definire contorni e caratteri, poco intimista al contrario nello scavarne motivazioni ed origini ed elementarmente didascalico nel sottolineare ambienti e personaggi (polizia tutta farabutta e pirla, società carogna, compromessi come se piovesse, ed i cattivi? Cattivi dalla culla: nel dna).
Auteuil maschera tiratissima ma abbisognosa di troppi accessori forzati (alcool a fiumi, vestiti perennemente oscurati, occhialetto a lenti colorate a celare malessere, fumo da mamma li turchi e botte da schizofrenico).
La storia è quasi accessoria e di rudimentale fattura rispetto al disagio ed al dolore che si vorrebbe mostrare e privilegiare, ed oltre all'ordinarietà dello script non vogliamo neanche sottolinearne gli incastri forzati per giungere ad un finale a sorpresa e newagemente catartico.
Certo, meglio di 36 Quai ded Orfèvres comunque, dove la presunta “storia vera” sembrava uscita da Topolino e Gambadilegno, ma galleggiamo melliflui sulla stessa linea ambigua che non attiva il senso di appartenenza; non scatta quell'appassionato sentire la storia sulla propria pelle, rimaniamo fuori ed inebetiti, un po' come gli ostaggi dell'autobus dirottato all'inizio.
Incapaci di comprendere ed incapaci di reagire, succubi di meccanismi farraginosi (il serial killer che lascia la foto a casa della ragazza invece di farla a fettine da sushi è solo funzionale al seguito della storia, ma assolutamente pretestuoso preso a se stante) e scelte di sceneggiatura gestite con sufficienza (l'indagine per scoprire l'assassino, scialba che manco sui peggiori Montalbano...)
Mi sa che coi polar transalpini la faccio finita qua...
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