Regia di Matteo Garrone vedi scheda film
Film epocale, in grado di andare oltre il contesto cinematografico e dar vita a serie televisive, talk show, discussioni letterarie fino a rendere l'autore del soggetto (Roberto Saviano) un personaggio di rilievo pubblico a cui lo Stato ha assegnato persino una scorta (a seguito delle minacce subite, due anni prima del film, proprio per l'uscita dell'omonimo romanzo da cui poi è stato tratta la pellicola).
Apprezzatissimo al botteghino (decimo nella classifica italiana di fine stagione), Gomorra è un gangster movie alla Garrone, molto particolare per chi invece è abituato a pellicole alla Scorsese o alla De Palma. Il regista romano, una sorta di Carlo Lizzani del nuovo secolo, lo gira alla sua maniera: recitazione in dialetto, semisoggettive e un taglio generale che offre la sensazione di essere alle prese con un documentario. La sceneggiatura è episodica con una serie di storie parallele i cui personaggi non vengono a intrecciare il loro destino, se non per essere coinvolti in eventi legati alla longa manus della camorra. Quest'ultima viene messa in scena in modo curioso. Non si percepisce l'esistenza di un vero e proprio boss di riferimento che muove le pedine nello scacchiere. Si ha invece l'idea che si tratti di una sorta di modus vivendi, legato a una cultura e una situazione di povertà generale in cui prolificano certi elementi (si vedano i due ragazzotti che vogliono fare la guerra scimmiottando il Tony Montana di Scarface). La lezione offerta da Carlo Lizzani, con pellicole quali Roma Bene (1971) e Banditi a Milano (1968), è piuttosto evidente e potrebbe far risultare la costruizione del prodotto l'aspetto meno convincente. Il soggetto non è costruito in modo tradizionale, ovvero non vi è un vero e proprio inizio, con uno sviluppo centrale e una conclusione. Si tratta invece di spaccati di vita "comune" nei quartieri poveri di Napoli dove il crimine viene presentato come una naturalezza tale da dare l'impressione di essere inevitabile. Alla fine si resta scioccati (tremenda la scena del ragazzino che tradisce l'amica per volontà del suo gruppo di appartenenza), persino disturbati dalla visione. Garrone e Saviano centrano appieno l'obiettivo, mostrano come il male venga alimentato da lontano, addirittura per il bene delle persone comuni (si veda l'episodio incentrato sullo smaltimento dei rifiuti). I personaggi sono ben caratterizzati e mostrano anche degli atteggiamenti di presa di distanza da un fenomeno che sembra quasi impossibile da evitare. I sogni sono prospettive irrealizzabili, non importa quanto si è bravi nel proprio lavoro (si veda l'episodio del sarto).
Interpretato in modo estremamente realistico dagli attori, è un film crudo che racconta la tragedia legata alle battaglie tra le cosche camorristiche senza filtri o impostazioni epurate dalla violenza. Lo spettatore è costantemente bombardato da una tensione che crea ansia, anche perché, spesso e volentieri, la minaccia e l'evento traumatico si materializzano improvvise, senza avvertimenti.
Notevole, poco altro da aggiungere. Uno dei migliori film italiani degli ultimi venti anni.
Non ci sono commenti.
Ultimi commenti Segui questa conversazione
Commenta