Regia di Matteo Garrone vedi scheda film
Stralci di orrore da Napoli. Cinque storie di durezza quotidiana raccontate attraverso una lente d’ingrandimento; una lente che va al di là della denuncia, al di là del romanzo morale, per creare qualcosa di nuovo, qualcosa di diverso. In Italia, se fai un film su mafia o camorra, devi fare un film passionale e “di indignazione”, come hanno fatto Placido con la storia di Falcone o Faenza con don Puglisi. In questo Paese, il film “morale”, la riflessione “collettiva”, al cinema, è però anche per questo un gioco pericoloso, perché spesso dalla riflessione si scade nella retorica e nel documentario para-artistico, mentre si sa che il cinema non è didattica, è arte, è creazione. Io personalmente eviterei anche di recensire i documentari in senso stretto, perché sono opere che esulano dal concetto di “creazione” e che andrebbero analizzati da storici, filosofi, “addetti ai lavori”. “Gomorra”, dicevamo, è un film che riesce nel difficile tentativo di coniugare l’estro del narratore con l’obbiettivo sociale. Quello che fa Garrone (e prima di lui Saviano) è dipingere una tela di prospettive su un unico soggetto, la Camorra, facendo uscire dall’immagine i colori, gli odori, le voci del crimine. Un po’ come fece Mann in “Insider”, un po’ come Sodenbergh in “Traffic”, riprende la cronaca e ne fa storia personale, i suoi personaggi sono paradigmi contingenti ma hanno un’anima. Artisticamente, questo è il maggior pregio del film; l’affresco sociale viene “vissuto” dallo spettatore attento. Ne deriva un vero e proprio ritratto, una fotografia appassionante e violenta di una realtà tanto vicina quanto sconosciuta; e su questo punto ci sarebbero mille divagazioni sociali da fare, che però evitiamo accuratamente. Forse ciò in cui pecca un po’ questa struttura narrativa è l’assenza di una totale immedesimazione, data dal continuo cambio di prospettiva, dal passare dagli occhi di uno a quelli dell’altro; è senza dubbio qualcosa di sperimentale e che può non piacere agli amanti del grande racconto, ma “Gomorra”, si diceva sopra, è un compromesso fra arte e documentario, e come tale non soddisfa appieno gli ammiratori nessuno dei due, ma neppure li delude. Forse “Gomorra” non è un capolavoro, ma un grande film italiano di sicuro si: coraggioso e vibrante come pochi altri film degli ultimi anni.
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