Regia di Matteo Garrone vedi scheda film
La camorra vista dal basso, dalle oscura fondamenta di un biblico termitaio che, per crescere, deve erodere e scavare. La discarica abusiva è la metafora di questa matrigna dal grande ventre che si ciba di concime, ingurgitando i cascami chimici ed umani della società. "Gomorra" ci presenta un'immagine reale della malavita campana, frantumando i miti cinematografici dei boss carismatici e delle grandi famiglie, così come le epopee degli eroi negativi alla "Scarface". La protagonista di questa storia è, invece, una dea infernale, tentacolare e policefala, la cui unica forza è quella che stritola ed opprime. Un film che è la prosecuzione coraggiosa e coerente dell'impresa letteraria di Roberto Saviano.
Garrone piazza la sua cinepresa in mezzo alla gente, nel cuore della storia, ma il suo sguardo è sghembo e come incerto, quasi clandestino, mai perfettamente centrato, e come affetto da un primitivo stupore e da una impulsiva curiosità indagatrice, che scruta la scena da angolature improvvisate. Il movimento è quello spontaneo dell'occhio, che segue il dialogo e l'azione, senza capire subito come mettere a fuoco il perno della situazione. Quella di Garrone è una visione spoglia e cruda, che non si perita di ritrarre i personaggi nelle loro emozioni abbozzate e spurie, nelle espressioni imperfette, nei gesti imprecisi e nei loro ruoli indefiniti. Il regista filma le persone, le cose e le situazioni nella loro versione cinematograficamente più impresentabile, in cui sono poco propense a mostrarsi o incapaci di comunicarsi nel modo più giusto ed efficace. Il massiccio ricorso ad attori non protagonisti e l'uso sistematico del dialetto stretto fanno parte di questa scelta estetica, che ci consegna il mondo del sommerso per quello che è: ermetico ed incomprensibile, perché parla il linguaggio in codice dettato da un atavico senso di appartenenza e dall'abitudine a trincerarsi, nei rapporti umani, dietro il mezzo silenzio delle parole smozzicate e delle allusioni appena accennate. Il registro è lo stesso di "Primo amore", ma ciò che, nella cronaca domestica del nord est, non poteva certo incontrare un terreno fertile, trova qui, finalmente, la sua naturale applicazione.
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