Regia di Matteo Garrone vedi scheda film
La vicenda di Roberto Saviano è nota a tutti: nel 2006 diede alle stampe Gomorra, un'opera a metà strada tra inchiesta giornalistica, letteratura, saggio e autobiografia. Un diluvio di copie vendute in tutto il mondo, decine di traduzioni e la notorietà internazionale hanno infastidito i clan camorristici di cui si parla nel libro, al punto che lo scrittore napoletano oggi è costretto a vivere sotto scorta, come Salman Rushdie.
Matteo Garrone ha adattato per il grande schermo l'opera originale, smorzando il ritmo sincopato del libro e fermandosi a 5 storie di ordinaria lordura umana raccontate con uno stile degno di Altman. C'è il ragazzino che vuole essere iniziato alla camorra, il sarto di grande talento sfruttato per anni e costretto a vendersi alla concorrenza cinese, l'imprenditore (il solito, impeccabile Toni Servillo) che specula su rifiuti e discariche, due giovani amici affascinati dal crimine e dalle armi e un uomo di mezza età che consegna denaro alle famiglie che collaborano con la camorra. Il film ci porta ancora una volta nei territori di quel cinema estremo che rende unico lo stile del regista romano: la miscela di analisi sociale e tracciato romanzesco dell'originale viene restituita nei termini di una raffigurazione aspra e impietosa della Campania, a metà strada tra documentario e finzione iperrealista. Garrone lascia un segno profondo senza fare sconti: affida il compito della recitazione a molti ragazzi di strada, li lascia esprimere nel loro idioma originale ricorrendo ai sottotitoli, fa parlare inequivocabilmente le immagini di un paesaggio urbano irrimediabilmente degradato (le vele di Scampia, gli orrori architettonici di Secondigliano), usa la cinepresa come un bisturi col quale incidere definitivamente nella nostra memoria l'abisso antropologico metaforizzato dalle discariche dove sono i bambini a guidare i camion e nel quale sta precipitando una parte di umanità ormai senza futuro. Un film importante, a suo modo "definitivo", capace di frullare insieme Tarantino, Altman e Rossellini in una dimensione sociologica implacabile che lascia attonito lo spettatore.
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