Regia di Alex de la Iglesia vedi scheda film
Arzigogolato thriller scritto e diretto dalla promessa mai sbocciata Alex de la Iglesia. Il regista spagnolo è ormai un lontano ricordo dell'ironico e provocatore artista degli inizi, quando con pellicole quali Azione Mutante e Il Giorno della Bestia dissacrava l'horror con un certo piglio autoriale. Il De la Iglesia dei tempi odierni è un regista molto più convenzionale e più adatto al grande pubblico.
Passato a lavorare in Inghilterra, con distribuzione Warner Bros, De la Iglesia guarda, per tecnica e costruzione narrativa, alla lezione offerta dagli “spaghetti thriller”, mutuandone anche alcuni difetti (si veda il didascalico epilogo). I rimandi a Dario Argento e ad Alfred Hichcock sono spiccati (tra questi anche l'elemento dello spettacolo dell'orchestra musicale), sia per la messa in scena che per la costruzione narrativa. I movimenti di macchina sono quelli del cinema italiano. Alla stessa maniera il ricorso ai libri e al continuo oscillare dei sospetti in capo su un soggetto e poi sull'altro.
Molto interessante sotto un profilo registico, si veda il lungo piano sequenza - che strizza l'occhiolino al prologo di Milano Calibro 9 di Fernando Di Leo – attraverso il quale De la Iglesia si sofferma su tutti i principali protagonisti della storia, muovendo la macchina da presa da un soggetto all'altro non appena lo stesso si incrocia con l'altro, Oxford Murders è un giallo a cui manca un finale capace di spiazzare lo spettatore (sebbene De la Iglesia tenti di farlo). De la Iglesia si rifà a un romanzo di uno scrittore spagnolo (Guillermo Martinez) che promette rimandi pitagorici, matematici e simbolici, accalappiando in tal modo l'attenzione dello spettatore. Lo script non è semplice da seguire, ma l'entusiasmo dei personaggi è tale da portare avanti comunque la storia. Purtroppo alla fine si scoprirà di essere alle prese con un movente e un modus operandi artificioso, una macchinazione volta a realizzare una serie di crimini funzionali a inquinare le indagini e dar così vita all'omicidio perfetto. Presentato come l'azione di un serial killer matto, Oxford Murders rappresenta un'evidente critica all'arroganza umana, all'atteggiamento tipico di buona parte degli studiosi che pensano di avere tutto sotto controllo e di prevedere le reazioni delle variabili che vanno studiando (si veda il profilo del killer completamente cannato dagli psichiatri). Non vi è infatti un solo assassino all'opera, ma una serie di soggetti che agiscono per fini diversi in una catena innescata dal proverbiale butterfly effect che provoca una serie di eventi collegati tra loro per mero caso. De la Iglesia è un grande maestro per la messa in scena e lo da a vedere. Peraltro può contare su “Frodo” Elijah Wood, già leggenda per la partecipazione ne Il Signore degli Anelli, e su un ispirato William Hurt, valori aggiunti di un thriller molto legato al linguaggio cinematografico e visivo degli anni settanta. Piacevole.
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