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King Kong

Regia di Merian C. Cooper, Ernest B. Schoedsack vedi scheda film

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La recensione su King Kong

di Stefano L
9 stelle

King Kong (1933) directed by Merian C. Cooper, Ernest B. Schoedsack •  Reviews, film + cast • Letterboxd

 

Girato all'inizio del sonoro e scritto dallo stesso regista Merian C. Cooper (non a caso il personaggio di Robert Armstrong assomigliava a un suo alter ego, visto che nella celluloide realizzava dei cortometraggi ambientati nella giungla), "King Kong", paradossalmente, proprio per la sua caratterizzazione "primitiva", diventò di colpo una delle icone del cinema americano internazionale, poiché incarnò perfettamente l'archetipo del maschio dominante; difatti, il gorillone di cinquanta metri ideato dagli autori de "La partita pericolosa" (uscito lo stesso anno, meno fortunato al botteghino), rappresentò anche un evidente elemento metafilmico volto a mettere in luce la mercificazione del "prodotto hollywoodiano" come propellente del sistema capitalistico statunitense: ricordiamo che correva il 1933, ed i richiami alla Grande Depressione, rilevantemente incombente, non potevano essere esenti dal soggetto, tanto che Fay Wray (Ann Darrow) viene proprio adescata da Carl Denham nel momento in cui è colta in flagrante durante un furto di una mela, ed il mercante decide di lasciarla andare in cambio di un solo dollaro... Si profilava inoltre un'epoca in cui l'industrializzazione stava prendendo il sopravvento e sembrava che non ci fosse limite a ciò che l'umanità poteva realizzare o esplorare (una parte del globo terrestre era ancora sconosciuta); l’immaginario collettivo attingeva a dinosauri e stregoni tribali, antichi muri di pietra e isole dimenticate. E poi l'Empire State Building (la massima espressione della potenza e dell'ingegno), gli aeroplani armati (in circolazione solo da un decennio), e New York City, la città più grande e avanzata del mondo. In questi squarci tra modernizzazione e natura atavica Cooper dipana i segmenti salienti: il combattimento con il T-Rex, Kong che avanza falcidiando gli alberi e ovviamente la magnifica scalata sul grattacielo di Manhattan. La tecnica dello stop motion, già sperimentata in "The Lost World" (1925), assemblata con nuove modalità di ricomposizione delle sequenze (la miniaturizzazione panoramica e l'uso del chroma key, il pannello blu sullo sfondo sfruttato nelle riprese in studio), permise di raffigurare imponenti scenari di prorompente facciata spettacolare. Guizzi visivi ai tempi impressionanti, ed oggi, ovviamente, datati, seppur sempre intriganti nell'esecuzione sul grande schermo, nonché parecchio apprezzabili nel processo di lavorazione artigianale; sicuramente dei punti di riferimento fino all'avvento del motion capture. Effetti acustici quali i ruggiti o le urla sono ugualmente incisivi, mentre le musiche orchestrali di Steiner fanno uso di ottoni e accordi dissonanti, i quali rapprendono la componente fantasy. Qualcuno infine potrebbe storcere il naso a causa della recitazione leggermente "arcaica" degli attori (comunque in grado di conferire profondità alle loro sagome), ma questo dettaglio viene compensato da un’epica travolgente. L'atmosfera, la portata dell'avventura, della narrazione: è tutto di prim'ordine. L'edizione italiana del dvd, comprende pure i frammenti che, antecedentemente, vennero inspiegabilmente censurati nella pubblicazione originale, dando quindi un altro incentivo a rivedere questa gemma.

 

 

 

 

 

 

 

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