Regia di Bruce Beresford vedi scheda film
"King David" è un film sfarzoso sotto l'aspetto puramente visivo, le locations lucane e abruzzesi, il luccichio dei costumi e degli ammennicoli di scena impressionati con sapienza da Beresford saltano all'occhio e lo tengono bene aperto fin dalle prime battute e il regista si esprime al meglio nelle scene di lotta, nelle danze a corte e le lunghe carrellate nelle scene di massa.
A mio avviso pecca paurosamente nella caratterizzazione dei personaggi e nella traduzione dal testo biblico con il quale il film è stato infarcito di dialoghi pomposi, freddi e anche un po' pallosi: Gere è bello e splenTito splenTente come sempre negli anni ottanta ma è scandalosamente dimenticabile e perde il confronto con un granitico Edward Woodward nel ruolo di Saul, il protagonista di "The Wicker Man" è quasi irriconoscibile con la tonaca e la folta barba però la sua presenza nel film è massiccia come la roccia e adombra David-Gere fino alla sua dipartita,.
I personaggi di contorno sono caratterizzati da attori poco noti e poco dotati di fascino e si ha come l'impressione che i soldi investiti per la costosa realizzazione siano andati a discapito del casting parecchio anonimo, chi è un piacere rivedere è Cherie Lunghi: dopo la notevole prova nel ruolo di Ginevra in "Excalibur" di Boorman è qui impegnata nella parte di Michael, la prima moglie di David, con il suo fisico latteo e una forte personalità batte di due candelabri a zero una anonima Alice Krige nel ruolo di Betsabea.
La bruttezza concettuale dell'operazione esplode in alcuni frangenti in maniera marchiana, denotando la totale mancanza di passione ed entusiasmo nella realizzazione: lo scontro di impari forze fra Davide e Golia è frettoloso e introdotto senza un minimo di preambolo risultando freddo e dimenticabile pur essendo l'episodio più noto di questa storia, il tempio richiesto da Davide per glorificare il Dio di Israele è presentato in un plastico così sfarzoso che neanche una ditta specializzata in icone religiose saprebbe produrre al giorno d'oggi, figuriamoci in un'epoca scorsa prima del tempo, ma l'obrobrio peggiore del film è secondo me la danza commemorativa di Gere che sale alla sua incoronazione trotterellando e piroettando in mutandoni per i gradoni che conducono al tempio sacro, manco fosse sotto l'effetto di un pasticcotto di MDMA.
Aveva proprio ragione Walter Sobchek ne "Il grande Lebowski": QUANDO UNO E' EBREO E' EBREO!
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