Regia di Piero Vivarelli vedi scheda film
Uno dei più apprezzabili (e apprezzati) prodotti del cinema erotico-esotico italiano, genere piuttosto in voga nei primi anni '70. Siamo nel pieno della cultura psichedelica post sessantottina e tra gli immancabili woodoo, esorcismi, riti orgiastici in onore del "Dio Serpente", non mancano messaggi pacifisti e di amore interrazziale (che appaiono talvolta un po' forzati): è il mito roussoiano "del buon selvaggio" aggiornato (o, meglio, banalizzato) dalla moda hippy, all'insegna dell'esaltazione della negritudine e dei suoi immediati cliché. La storia conta poco (prevedibile il triangolo amoroso tra i protagonisti), ad affascinare è, invece, l'ambientazione, grazie soprattutto a una fotografia ben curata e al ritmo incalzante del montaggio. Lo stesso regista, non ci ubriaca con il famoso lato b della Cassini, mettendo invece in risalto la fragilità emotiva del personaggio. La protagonista, mai stata così sensualmente torbida e piacente, si lascia coinvolgere in scene piuttosto focose per l'epoca (la masturbazione, l'iniziazione orgiastica, il probabile sesso orale "accennato" nel finale).
Mix di pop caribico, chitarre psichedeliche e, soprattutto, frastuoni poliritmici di percussioni tribali.
L'incarnazione del Dio Serpente, visto dalla protagonista con le sembianze del prestante mozzo. Esebizione "muscolare".
S'inserisce nella seconda parte del film come protagonista maschile. Passabile.
Qualche manciata di minuti, nella parte del marito della Cassini.
La co-protagonista dal fascino caraibico.
Non si discute la sua femminilità, ci sorprende invece vederla recitare, e, anche, piuttosto bene.
Dosa con cura zoommate e panoramiche, cosa in cui non tutti i suoi colleghi allora riuscivano a fare. Coaudiuvato da bravi tecnici.
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